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Numeri impressionanti, da catastrofe, assolutamente noti a tutti da troppo tempo. Ogni volta che i grandi della terra si ritrovano alle  conferenze ONU sul clima si limitano tuttavia a lanciare grida d’allarme, discutere le strategie migliori per contrastare gli effetti devastanti di una situazione globale ormai fuori controllo, proponendo soluzioni che, praticamente sempre, rappresentano  soltanto buone intenzioni e nessuna pratica. 

Appunto, quindi, resta soltanto una questione di numeri. Il Rapporto “Stato del clima globale nel 2022” del Wmo (Organizzazione metereologica mondiale), presentato in occasione dell’apertura della COP27 rappresenta il solito grido di sofferenza del nostro pianeta, senza appello. Il caldo fa sciogliere le calotte polari e i ghiacciai, e provoca l’innalzamento dei mari, che minaccia isole e territori costieri. Il livello medio dei mari è aumentato di circa 3,4 millimetri all’anno negli ultimi 30 anni,  e il tasso di aumento è raddoppiato dal 1993 ad oggi. L’accelerazione è dovuta proprio alla fusione dei ghiacci. In due anni e mezzo, dal Gennaio 2020 all’Agosto 2022, il livello medio è salito di ben 10 millimetri: cioè il 10%, complessivamente, nel trentennio, da quando sono partite le misurazioni satellitari. Gli ultimi 8 anni sono stati i più caldi fra quelli registrati finora, alimentati da concentrazioni sempre crescenti di gas serra e del calore accumulato nel mare. La temperatura media nel 2022 è di circa 1,5 gradi Centigradi sopra i livelli pre-industriali, e di questo aumento sono responsabili anche le concentrazioni dei principali gas serra nell’atmosfera (anidride carbonica, metano, diossido di azoto), che hanno raggiunto livelli record nel 2021 e continuano a salire nel 2022. Oltre all’innalzamento del livello dei mari, il caldo causa desertificazione ed eventi meteorologici estremi: migliaia di persone muoiono, milioni sono private dei mezzi di sostentamento, condannate a fame, miseria e migrazioni. Caldo e disastri fanno poi proliferare una serie di malattie e virus, che non solo affliggono i Paesi più poveri del mondo. 

Il 2022 è stato anche l’anno del record della fusione dei ghiacciai alpini dal 2003, con perdite di spessore dai 3 ai 4 metri. L’estensione dei ghiacciai dell’Artico è stata sotto la media del 1981-2010 per la maggior parte dell’anno. In Antartide il 25 Febbraio è stata registrata la minor estensione dei ghiacci da quando ci sono le rilevazioni: solo 1,92 milioni di km quadrati, 1 milione di km quadrati sotto la media di lungo periodo. Ma il clima ha ripercussioni negative anche su alimentazione e produzioni agricole. La siccità nel 2022 ha ridotto alla fame 19 milioni di persone nell’Africa orientale, mentre le alluvioni hanno ucciso 1.700 persone soltanto in Pakistan, per le forti piogge di Luglio e Agosto, costringendone quasi 8 milioni a lasciare i loro villaggi. Nell’Africa orientale, le piogge sono state sotto la media per quattro stagioni consecutive, il periodo più lungo in 40 anni, e ci sono indicazioni che anche l’attuale stagione sarà secca. L’area meridionale del continente africano, e in particolare il Madagascar, è stata colpita da una serie di cicloni a inizio dell’anno. L’uragano Ian a Settembre ha causato morte e distruzione a Cuba e in Florida. Larga parte dell’emisfero settentrionale è stata eccezionalmente calda e secca quest’anno. La Cina ha avuto la più estesa e lunga ondata di calore da quando ci sono le rilevazioni, e la seconda estate più secca mai registrata. Il fiume Yangtze a Wuhan ad Agosto ha raggiunto il suo livello più basso mai registrato. Ma anche in Europa vaste zone hanno sofferto ripetuti episodi di caldo estremo. Il Regno Unito il 19 Luglio ha registrato il suo record nazionale, con oltre 40 gradi per la prima volta nella storia. Il caldo è stato accompagnato da siccità e incendi. “Maggiore il riscaldamento, peggiore l’impatto”, ha commentato il segretario generale della Wmo, Petteri Taalas. E ha precisato che: “Abbiamo livelli così alti di anidride carbonica nell’atmosfera oggi che l’obiettivo di 1,5 gradi di riscaldamento rispetto ai livelli ore-industriali dell’Accordo di Parigi è a malapena raggiungibile.” Per il segretario “è già troppo tardi per molti ghiacciai, e la contrazione della massa continuerà per centinaia se non migliaia di anni, con enormi conseguenze sulla sicurezza idrica.”

“Quelli meno responsabili del cambiamento climatico soffrono di più”, ha concluso Talaas, “ma anche società ben preparate quest’anno sono state colpite da eventi estremi.” Insomma, il problema è di tutti, e come ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, nel suo messaggio a COP 27, “Le persone e le comunità ovunque devono essere protette dai rischi immediati è sempre crescenti dell’emergenza climatica. Dobbiamo rispondere al segnale di soccorso lanciato dal pianeta, una risposta che deve avvenire con l’azione: un’azione per il clima ambiziosa è credibile.”

COP27 si è aperta almeno con un gesto di buona volontà verso i Paesi in via di sviluppo: l’inserimento in agenda dello spinoso tema delle compensazioni per “perdite e danni”, una sorta di “finanza climatica”, una compensazione promessa ai Paesi in via di sviluppo per adattarsi ai cambiamenti climatici. “L’inclusione in agenda di loss and damage riflette un senso di solidarietà ed empatia per le sofferenze delle vittime dei disastri causati dal clima”, ha affermato il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry, nominato presidente di COP27, in apertura dei lavori. 

Insomma numeri, sempre numeri, buone intenzioni, affermazioni un po’ banali e scontate da parte dei governanti (cos’altro potrebbero dire di diverso?), e promesse quasi mai mantenute (cfr. le COP passate). Che questa sia finalmente la volta buona per una vera svolta verso la sostenibilità?

#ClimateAction must become the global priority we need it to be.

di Isabella Zotti Minici