Categorie: Editorial
Tipo di Contenuto: moda | start up sostenibili
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C’è una classifica, oggi fra le più virtuose e importanti, in cui l’Italia svetta: nel riciclo di rifiuti, ha la più alta percentuale sulla totalità, il 79,4%, più del doppio rispetto alla media europea che si ferma al 49%. Una quota che permette di risparmiare ogni anno 23 tonnellate di petrolio e 63 tonnellate di CO2. Dietro a questi numeri ci sono storie di imprenditoria circolare raccolte dal rapporto “100 Italian Circular Economy Stories”, appena pubblicato da Fondazione Symbola insieme a Enel e giunto alla seconda edizione.

Nel volume, e nella mappa consultabile qui, sono raccolte 100 casi di economia circolare ritenuti particolarmente significativi per la solidità delle soluzioni adottate e per la loro originalità. E fra le tante categorie, dall’agroalimentare alle utilities, dall’automazione all’edilizia, l’industria del tessile-moda è la più presente, con 13 storie, conferma del profondo impegno di questo segmento del made in Italy nella sostenibilità.

Il primato di scarpe e tessuti riciclati

Fra i 12 casi ci sono quelli di industrie tessili storiche, marchi globali, aziende innovative e start up come il calzaturificio Acbc (Anything Can Be Changed). Quest’ultimo, basato a Milano, è nato nel 2017 ed è stata la prima azienda italiana di calzature certificata B-Corp: le scarpe sono tutte in materiali riciclati come il poliestere ricavato dalle bottiglie o scarti della produzione di mele in Tirolo.

Il tessile italiano si conferma fra i settori più all’avanguardia in termini di sostenibilità e circolarità, come dimostrano i casi di Aquafil , l’azienda che ha brevettato l’Econyl, nylon ricavato da riciclo di reti da pesca e tappezzerie dismesse, sempre più usato anche dai marchi di moda più importanti, e Manteco, fondata nel 1941 a Prato e sin da allora attiva nella circolarità, dal momento che inizia riciclando vecchi capi di abbigliamento e coperte militari dismesse: oggi punta sulla nuova lana riciclata MWool, disponibile in oltre mille colori grazie a un processo di colorazione innovativo che si basa sulla combinazione di fibre in diverse tonalità, e Woolten, nata da MWool e Tencel.

Non manca Radici Group, il gruppo bergamasco che ha di recente lanciato il primo collant riciclato, in collaborazione con Oroblu, e le innovative calze sportive in Renycle, tessuto nato dal riciclo di fibre di nylon 6.

Altra azienda storica è Santori Pellami di Monte Urano, nelle Marche, fondata nel 1890 e guidata oggi dalla quarta generazione della famiglia, che ha brevettato la pelle Naturella, priva di cromo e con livelli minimi di metalli pesanti, biodegradabile al 77%.

Le start up animate da impegno e recupero

Fra le start up il rapporto ha selezionato Atelier Riforma, progetto a vocazione sociale di Elena Ferrero e Sara Secondo basato a Torino, che in un anno e mezzo di vita ha raccolto 8mila capi, salvandoli dalle discariche: i capi raccolti dal conferimento di abiti usati sono selezionati e lavorati da un network di artigiani, sartorie sociali soprattutto, che li trasformano in nuovi capi e venduti su un e-store con tanto di certificato di tracciabilità. Blue of a Kind, di Milano, trasforma capi vintage di qualità, recuperati in Italia e Francia, in abiti sartoriali, secondo un processo condotto interamente a mano da artigiani specializzati.

Si occupa di upcycling creativo di stock tessili in giacenza D-Refashion lab, progetto di D-house (che a capo alla divisione ricerca e sviluppo di Bond Factory, azienda tessile abruzzese), e nelle Marche si trova Hoc Lab Tech, che tramite degli avanzati software di progettazione snellisce la fase di prototipazione e favorisce la produzione di tessuti realizzati con materiali naturali come lana d’alpaca e lino (con cui ha messo a punto anche tomaie) e derivate dal recupero di scarti come il caffè e la soia.

Fra sharing economy e tecniche anti-sovrapproduzione

Nella selezione appaiono anche aziende giovani ma già solide come Dress you Can , fra le prime piattaforme italiane di moda a noleggio, cresciuta velocemente e di pari passo con la sharing economy, e Rifò, nata nel 2017 nel distretto tessile pratese e che riscrive le tecniche degli antichi cenciaioli della zona producendo capi con fibre tessili rigenerate, capi che vengono prodotti peraltro secondo gli ordini e dunque scongiurando il rischio di sovrapproduzione.

Salvatore Ferragamo è l’unico grande brand del settore incluso nel report, grazie al suo recente e ricco programma di sostenibilità che ha portato anche al lancio di prodotti come la Earth Top Handle Bag in sughero certificato Fsc, fodera in lino ed elementi in poliestere riciclato. E sono componibili fai-da-te e senza colla le nuove scarpe Vibram , con l’iconica suola carrarmato in materiale riciclato: l’azienda è una delle prime ad aver puntato sulla circolarità, dal momento che risale al 1994 il lancio di Ecostep, suola realizzata con il 30% di gomma ricavata da scarti industriali.

Chiara Beghelli
Redattore Il Sole24ore

 

Fonte: Il Sole24 ore