Categorie: Editorial
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Della vita media dei prodotti elettronici è cosa di cui, in generale, come acquirenti non ci preoccupiamo molto. Il principio dell’usa e getta senza pensare troppo a manutenzioni o riparazioni, però, non va d’accordo con le strategie di sostenibilità ambientale. L’Unione Europea recentemente ha quantificato in 190 miliardi di euro il risparmio per i prossimi 10-15 anni se solo, prima di buttare via il cellulare, la stampante, il microonde, pensiamo di poterlo riparare anche se la garanzia è scaduta.

Due proposte in Commissione  

Attraverso i commissari Ue per la Giustizia e l’Ambiente, Didier Reynders e Virginijus Sinkevicius, sono arrivate sul tavolo della Commissione due proposte per contenere i rifiuti elettronici. Si vuole dare, così, un’altra gamba al Green New Deal premiando anche quelle imprese che nel rapporto con i clienti li avvertono che il prodotto può essere riparato. Ci sono pezzi di ricambio disponibili che soddisfano il funzionamento. Le  etichette ‘eco’ e ‘bio’ dovrebbero già ora essere accompagnate da prove tecniche o  scientifiche che garantiscono la veridicità di quello che portiamo a casa. Ma non tutti lo fanno. In futuro le industrie che rispetteranno le regole comunitarie dovrebbero avere un appeal commerciale sicuramente più alto rispetto a quelle che le aggireranno. 

Allungare la vita dei prodotti 

Il mercato dell’elettronica è in costante evoluzione e non di rado un apparecchio guasto ci dà l’occasione per acquistare il modello più nuovo e performante. Ma il giro europeo di circa 200 miliardi di rifiuti elettronici comincia a pesare sulla via della new economy. Allungare la  vita dei nostri dispositivi tech, in altre parole, è il modo per abbattere le enormi quantità di rifiuti RAEE in giro per l’Europa. Secondo  l’Associazione  europea dei consumatori, il diritto alla riparazione potrebbe cambiare i nostri modelli di consumo di prodotti. Proprio perché, come si diceva, in genere non pensiamo alla durata media del prodotto acquistato. Funziona lo tengo, non funziona lo butto. Da anni sentiamo parlare di obsolescenza programmata, ma questo non impedisce di avere un consumo più consapevole di beni ormai indispensabili. Ed ha poco a che vedere anche con l’interesse o la libertà di ciascuno di voler acquistare l’ultimo modello di smartphone, la lavatrice più adatta alla famiglia o l’aspirapolvere di ultima generazione. 

La metà delle apparecchiature non è green

Tra le critiche alle proposte in esame a Bruxelles c’è quella secondo cui l’introduzione del diritto alla riparazione farebbe aumentare i costi di produzione, giacché le aziende devono farsi carico di pezzi di ricambio in grande quantità. Un surplus di lavoro che andrebbe incontro solo alle richieste degli acquirenti e dei centri di assistenza. Ma la transizione energetica ha bisogno del contributo di tutti e il mondo della produzione con le nuove regole acquista più fiducia, dal punto di vista ambientale ne trarrà  benefici. In tutta l’Europa ogni anno vengono prodotti circa 12 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, ma solo il 40% viene riciclato correttamente. Molte aziende si sono attrezzate per stare nel circuito circolare e riciclano in proprio i prodotti vetusti. Inoltre, i tempi per andare in una sola direzione – produttori e consumatori-  con le nuove regole ci sono. Le proposte dovranno essere condivise dagli Stati membri dell’Unione, andare al Parlamento europeo  ed essere, poi, approvate dai governi nazionali. Nel frattempo il 53,3% (stime Ue) di  quello che acquistiamo come bio, eco, plastica riciclata, non è vero.

di Nunzio Ingiusto