Categorie: Editorial
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Il mare è tra i cardini dell’economia globale. Una risorsa da tutelare, ma da sempre sfruttata dagli uomini. Cassa Depositi e Prestiti in uno studio recente ha rilevato che nel mondo è iniziata la deglobalizzazione. L’economia legata al mare resta, però, solida e centrale. Il mare è vita 365 giorni all’anno e la sua forza è ragione di esistenza per miliardi di esseri viventi. Spesso viene sottovalutata, questa forza, ma solo guardando ai traffici commerciali sappiamo che vale il 12% del PIL globale. Anche l’Italia , dopo anni complicati, per crisi economica, pandemia, guerra italo-ucraina, fa la sua parte. Gli armatori si muovono in uno scenario internazionale con i porti italiani che nel 2022 hanno fatturato 377 miliardi di euro con il 40% degli scambi di import-export. 
 
“L’economia marittima è punto di riferimento per gli operatori, ma è un importante settore di analisi e un ottimo angolo visuale per comprendere le dinamiche globali: la via della seta cinese, il raddoppio del Canale di Suez, l’allargamento di Panama. Così come le sfide della rotta Artica, la forte crescita del Mediterraneo, il mutato ruolo dei porti, sempre più hub energetici oltre che logistici ” dice Gian Maria Gros-Pietro, Presidente di Intesa Sanpaolo. La SRM, Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo, ha presentato a Napoli il decimo Rapporto annuale “Italian Maritime Economy”. Un‘edizione speciale che racconta un lungo periodo dell’economia del mare e dei fattori che hanno influenzato il settore. Porti, shipping, logistica, guidano flussi finanziari giganteschi in ogni parte del mondo. Le merci scambiate hanno un valore altissimo con Cina, Corea, Giappone in testa alla classifica dei porti più redditizi. Tutto ha a che fare con l’ambiente e l’ecosostenibilità. Via mare transitano navi che trasportano automobili e veicoli commerciali. Via mare passano i grandi cavi delle fibre ottiche. Via mare viaggiano le materie prime necessarie alla manifattura. In altre parole, il potenziale economico e produttivo del mondo industrializzato. 
Il Rapporto italiano di SRM, ovviamente, volge uno sguardo in profondità al Paese ed al bacino del Mediterraneo. Ora, se la sfida globale si va attenuando, come sostiene Cassa Depositi e Prestiti, nessuno ha certezze su quando e come finirà davvero. E’ solo certo che l’Italia si trova al centro del bacino del Mediterraneo che conta 500 milioni di persone. I migliori studiosi di geopolitica sostengono che lo sviluppo e le conoscenze future, prenderanno la strada dei Paesi del Mediterraneo. Non a caso la cosiddetta marittimità vede crescere una regionalizzazione delle rotte. Quella mediterranea è fondamentale, non solo perché dal Canale di Suez si arriva nel Mare nostrum”, ma perché i porti italiani, francesi, spagnoli, croati sono il “casello” per il mercato europeo. Devono essere più green, però,  sia lungo le banchine quando trasferiscono le merci a terra. I container vengono movimentati da mezzi che usano ancora carburanti inquinanti. E’ vero, le alternative fuels aumentano e la metà degli ordini di nuove navi prevedono combustibili alternativi.  
Si fa strada l’idrogeno e i pannelli solari. I porti mediterranei sono hub energetici che partecipano alla transizione green. Se le cinque più importanti sfide dei prossimi anni sono: cibo, gas, petrolio, minerali ed energie alternative, l’economia marittima prende un ruolo ancora maggiore nella vita delle popolazioni.
L’Energy è il settore più aderente al business del mare. L’Italia è il terminale di importanti pipeline dal Nord Africa e dall’Asia,  dice il Rapporto SRM. Vicino ai porti negli anni ‘60, l’Italia ha costruito grandi impianti di stoccaggio e raffinazione di gas e petrolio. Strutture che hanno scandito la crescita del Paese e accompagnato scelte di lungo periodo come l’elettrificazione diffusa, la motorizzazione civile, la trasformazione dei prodotti agricoli, e, più di recente, la  digitalizzazione alimentata da centrali a gas o petrolio. Saranno quegli impianti che  insieme alla portualità sostenibile dovranno accompagnare il passaggio ad un modo di produrre e consumare più consapevole. “Per la prima volta gli armatori hanno chiesto alle autorità internazionali dì essere più dure negli obiettivi di sostenibilità climatica”, dice Emanuele Grimaldi, Presidente degli armatori  mondiali (International Chamber of Shipping). Per avere la completa decarbonizzazione del trasporto via mare sono stati stimati 3 trilioni di dollari di investimenti. Alternative ? Non ce ne sono.
di Nunzio Ingiusto