Categorie: Editorial
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Creare consapevolezza sul corretto utilizzo del digitale, per evitarne i rischi e prenderne in vantaggi per l’ambiente, è l’obiettivo del Decalogo della Sostenibilità Digitale. Perché comportamenti corretti passano da informazione e comunicazione, con il supporto fondamentale di analisi e dati.

Come recentemente raccontato qui su Tech Economy 2030, anche la Fondazione per la Sostenibilità Digitale ha aderito all’iniziativa “M’illumino di meno”, promossa da Rai Radio 2, Caterpillar e Rai per il sociale, e lo ha fatto attraverso la pubblicazione del suo Decalogo della Sostenibilità Digitale. Un documento in dieci punti, corrispondenti a dieci consigli, che riflettono la duplice natura del digitale: da una parte strumento che ha un proprio impatto ambientale che non può essere trascurato (digitale sostenibile), dall’altra imprescindibile elemento abilitante nella costruzione di modelli di sviluppo sostenibile (digitale per la sostenibilità).

Il decalogo, quindi, mira a promuovere una maggiore consapevolezza sui temi della sostenibilità e del digitale, e sulle profonde relazioni che intercorrono tra questi due elementi. Un obiettivo importante, anche e soprattutto in relazione al punto di vista dei cittadini italiani, emerso dagli studi portati avanti dalla Fondazione. Rispetto al digitale sostenibile, infatti, i cittadini italiani risultano essere consapevoli dell’impatto energetico derivante dall’utilizzo del digitale ma, nel concreto, la maggior parte di essi ne sottostima l’impatto effettivo: questo, di fatto, può portare ad un utilizzo errato del digitale stesso. Quanto al digitale per la sostenibilità, invece, tale strumento è ancora spesso “demonizzato” in quanto fonte di inquinamento, mentre se ne evidenziano poco i benefici che da esso possono derivare in termini di lotta all’inquinamento ambientale. “Infatti, se è vero che è responsabile di una quota significativa delle emissioni di CO2 – c’è chi parla del 4, chi addirittura del 6% delle emissioni – è anche vero che un suo corretto utilizzo può consentirci di abbatterle significativamente, facendo sì che il bilancio energetico della digitalizzazione sia fortemente positivo“, commenta Stefano Epifani, Presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale. “Non si può parlare, senza il digitale, di smart grid così come di economia circolare e di tutto ciò che rappresenta un’opportunità per lo sviluppo sostenibile“.

“A partire dai Dieci Comandamenti l’uomo è stato forgiato a seguire regole facilmente comprensibili” – sostiene Luciano Guglielmi, coordinatore del Comitato di Indirizzo della Fondazione per la Sostenibilità Digitale. “Con il nostro decalogo vogliamo promuovere una riflessione – non delle direttive – su pratiche comportamentali specifiche e ben definite che spesso vengono ad arte complicate per non essere adottate.”

Inquinare meno con e grazie al digitale

Occorre quindi fare chiarezza su entrambi i lati, evidenziando che il digitale ha un proprio impatto energetico che deve essere contenuto, ma che allo stesso tempo può rappresentare uno strumento decisivo per la sostenibilità ambientale, abilitando anche l’impegno individuale in questa direzione: è qui che va nel concreto il Decalogo della Sostenibilità Digitale, offrendo cinque consigli per inquinare meno con il digitale, e cinque per inquinare meno grazie al digitale.

Quest’ultimo punto è particolarmente importante dato che, come si è visto, quando si parla di digitale la retorica comune tende a dare molta più attenzione ai suoi consumi quanto invece al suo potenziale nell’abbatterli. “È vero, in prima battuta ci si concentra sul tema della riduzione dei consumi delle apparecchiature digitali. Si pensi al tema, molto discusso e divulgato, dello stand-by”, sostiene Andrea Lanuzza, Direttore Generale Gestione di Gruppo CAP. “Tuttavia, occorre tenere presente il fatto che, a parità di tipologia di apparecchio, quelli analogici, si pensi ad esempio a un amplificatore a valvole, consumano anche 2/3 volte di più dei digitali. Quindi la prima riflessione da fare è: posto che il digitale consuma energia, quanta ne consumeremmo con l’analogico? A ciò va aggiunto come gli strumenti digitali possano essere preziosi per fare efficienza; un esempio è la microirrigazione computerizzata, che fa risparmiare migliaia di litri d’acqua. Sul tema dell’acqua, un altro esempio è quello degli smart meter, i contatori digitali e connessi: consentono di misurare i consumi degli utenti da remoto evitando migliaia di chilometri di spostamenti di personale e quindi evitando tonnellate di CO2, e allo stesso tempo rendono possibile comunicare all’utente i suoi consumi in tempo reale, rendendolo più consapevole dell’uso della risorsa idrica. Per non parlare dell’IoT installato sulla rete che consente di monitorare perdite e contaminazioni in modo continuativo e immediato. In sintesi, il digitale consente un dialogo costante tra rete, gestore e utente, e questo scambio di informazioni è alla base di comportamenti e scelte sostenibili”.

Insomma, se superare questa percezione diffusa non è e non sarà semplice, un buon punto di partenza è certamente quello di rendere evidenti i vantaggi effettivi che l’utilizzo del digitale può garantire, per tutta la popolazione. Per fare questo, “si dovrebbero evidenziare, anche con dati precisi e puntuali, chiari esempi di risparmi indotti dall’adozione del digitale, partendo da quelli abbastanza evidenti e che hanno un impatto significativo sulla vita della popolazione”, sottolinea Tiziana Catarci, Direttrice del DIAG alla Sapienza, Università di Roma. “Per esempio la telemedicina che, oltre a molti altri vantaggi, permette un risparmio sui costi di spostamento che si aggira intorno ai venti euro medi a prestazione”.

Tutto ciò non significa, però, che la sensibilità dei cittadini rispetto al tema dei consumi del digitale non sia giustificata, perché la salvaguardia dell’ambiente è un obiettivo fondamentale, ed il suo raggiungimento passa anche da un corretto utilizzo degli strumenti digitali – da cui i cinque consigli all’interno del Decalogo; piuttosto, occorre tenere in considerazione il fatto che i potenziali effetti “avversi” di tali strumenti sono assolutamente riequilibrati, nel piatto della bilancia, dal loro potenziale nella costruzione di un futuro migliore, per gli individui e per l’ambiente. “L’obiettivo dell’efficienza energetica è sicuramente quello di maggior peso ‘sociale’, visto l’impatto sull’esistenza stessa del nostro Pianeta, ed ha anche il ‘pregio’ di essere il più semplice da comprendere, comunicare, e rispetto al quale fare in modo che la gente possa appassionarsi sin dalle giovani generazioni”, commenta Marco Barra Caracciolo, CEO e Chairman di Bludigit, società del Gruppo Italgas. “Di fatto, lavorare sull’efficienza energetica consiste nel fare in modo di garantire le stesse prestazioni con minore dispendio energetico e un impatto inferiore in termini di impronta di carbonio. In questo, è l’innovazione tecnologica a giocare il ruolo strategico di abilitatore dello sviluppo, ma questo non vale solo per l’efficienza, bensì in riferimento a tutti gli obiettivi dell’Agenda 2030”.

Il ruolo centrale dell’informazione e della comunicazione

Costruire chiarezza su questo duplice ruolo del digitale è, dunque, un obiettivo fondamentale. Per raggiungerlo, è necessario partire da solide basi: “numeri, dati, e analisi. Sono i dati, infatti, che aiutano a comprendere il processo di cambiamento”, sostiene Andrea Lanuzza. “L’analisi dei dati rappresenta lo strumento principale per generare chiarezza e trasparenza rispetto all’efficacia del digitale nel contribuire alla transizione verso un mondo più sostenibile. Credo che aziende, università e mondo della cultura debbano contribuire a fare e diffondere ricerche e risultati”.

Innanzitutto vanno raccolti, analizzati e comunicati correttamente i dati che provano vantaggi e rischi, rispetto alla sostenibilità ma non solo, dell’impatto della rivoluzione digitale sulla vita quotidiana di persone e organizzazioni”, rimarca Tiziana Catarci. “Per esempio, quanto è noto che la cosiddetta Industria 4.0 aspira ad una produzione senza difetti e perciò senza scarti, migliorandone perciò la sostenibilità? In generale, sulla tematica del digitale ci sono scarsa consapevolezza e limitata conoscenza, ma molti luoghi comuni e falsi miti da sfatare, anche tramite campagne strutturate di informazione e alfabetizzazione digitale”.

I dati e la loro analisi rappresentano dunque una base pragmatica, sulla quale poggiare una comunicazione necessaria per creare consapevolezza diffusa sul corretto utilizzo del digitale, per evitarne i rischi e sfruttarne gli innumerevoli vantaggi. “Come detto, le tecnologie digitali possono avere un ruolo chiave nel raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 e nello sviluppo di soluzioni sociali innovative in grado di affrontare le principali problematiche indotte da questa nuova rivoluzione”, spiega Marco Barra Caracciolo. “Perché ciò avvenga, devono essere introdotti e adottati nuovi modelli di business che uniscano queste tecnologie alle nuove esigenze del mercato. Non credo ci sia una diffusa consapevolezza del ruolo del digitale per la sostenibilità a 360 gradi. Per colmare questo gap, dunque, si deve spingere, come sta facendo la Fondazione con le aziende e le università coinvolte, sulla comunicazione per creare maggiore consapevolezza, e sugli studi teorici, concettuali ed empirici, relativi al ruolo delle tecnologie digitali a supporto di innovazioni sociali e sostenibili”.

Questo assume un’importanza fondamentale proprio nella consapevolezza di questo gap esistente che, come si è visto, spesso porta a sottostimare tanto il reale impatto del digitale, quanto i suoi benefici nella creazione di un mondo più sostenibile. Infatti, come sottolineato da Simone Pastorelli, responsabile comunicazione della Fondazione per la Sostenibilità Digitale, “con una corretta informazione, tutti possono imparare ad adottare comportamenti virtuosi, abbandonando definitivamente quelli scorretti. È in questa direzione che va il Decalogo della Sostenibilità Digitale, con il quale abbiamo voluto elencare alcune semplici cose da fare e quelle da evitare. Piccoli gesti quotidiani che possono però migliorare il nostro presente e quello delle generazioni future”.

Un sistema di regole e consapevolezze per un corretto uso del digitale

Insomma, come sottolineato da Andrea Lanuzza, bisogna “essere consapevoli che gli strumenti digitali sono uno strumento di cambiamento che può incidere in modo positivo sull’ambiente ma anche in modo negativo. Dobbiamo essere attenti a come lo usiamo e a come lo smaltiamo”.

Per fare ciò, occorre strutturare quindi un sistema di regole e di consapevolezze legate ad un giusto utilizzo dello strumento. Questo, secondo Marco Barra Caracciolo, richiede due aspetti da indirizzare velocemente: “consolidare guidelines e metriche per poter misurare gli impatti del digitale e sviluppare competenze in grado di generare architetture e software sostenibili. Quest’ultimo tema è particolarmente critico vista la scarsità di alcune skills nel mondo digital: occorre agire rapidamente come ‘sistema’ Stato, Università e Aziende, per fare in modo che si possano implementare”.

 

Fonte: techeconomy2030.it