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Storico. C’è chi l’ha messo tra virgolette e chi no. L’accordo conclusivo della Cop28 di Dubai ha prodotto incertezze sin dai titoli dei giornali. Diciamo la verità: quanti avevano scommesso su un vero cambio di passo nella lotta al cambiamento climatico ? Il mondo continua ad essere diviso a metà come una mela. Chi va avanti con le fonti fossili dice di voler aiutare chi le desidera per crescere.
A Dubai il phase out è scomparso. Nel documento finale si parla di transizione, ma al 2050. Certo, bisogna uscire dalle fonti fossili che sbuffano nell’atmosfera la CO2 che provoca danni irreparabili. Ma chi sul serio pensava che una settimana di discussioni tra 8mila convenuti, politici e dignitari avrebbe riattaccato le due parti del mondo? L’80% dell’energia mondiale arriva dalle fonti fossili che tengono su intere economie. Numeri che erano noti anche nelle precedenti Cop26 e 27. Reset? Fermiamo pozzi, trivelle, carghi, gasdotti al 2030?

Le polemiche prima della Conferenza contro il sultano Al Jabber si sono squagliate come neve al sole. Perché? Perché centinaia di paesi non hanno avuto la forza di ridimensionare la potenza dei produttori di petrolio. Ma potevano, dovevano farlo ? Si capisce che fissare obiettivi climatici al 2050, vuol dire avere davanti ancora 3 decenni di oil route.

La Cop28 passerà alla storia delle Conferenze Onu come la Conferenza del compromesso o del timore di  abbandonare petrolio, gas e carbone in meno tempo di quanto non sia stato stabilito. E i paesi in via di sviluppo ? Passeranno direttamente alle rinnovabili ? Scenari da seguire come dice il Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres” l’eliminazione graduale dei combustibili fossili è inevitabile, che piaccia o no. Speriamo che non arrivi  troppo tardi”.

Tre capitoli, tra gli altri, restano molto aperti. Per chi scrive qui sono il core business della transizione. Le nuove fonti devono comprendere anche il nucleare? A Dubai è stato aperto uno spiraglio,  ” E’ stato finalmente riconosciuto che anche il nucleare deve avere una posizione importante”, dice Chicco Testa, presidente di Assoambiente. Nel mondo c’è  povertà energetica? Come combatterla? Ci vogliono politiche pubbliche che risolvono alla radice le difficoltà economiche di accedere agli usi di energia sia per i privati che per le imprese. In questo il modeIlo europeo delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) può fare da esempio. Infine, il riequilibrio tra chi ha troppe comodità che richiedono energia e chi aspira ad averle. Chi rinuncia e a cosa ? Riequilibrare le risorse non è mai stato facile, perché gli squilibri creano potere e sudditanza. Salvare il pianeta, però, è un’altra cosa.
di Nunzio Ingiusto