Categorie: Editorial
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Prima di discutere di misure specifiche o di risorse economiche, è necessario definire alcuni principi di fondo che devono ispirare e animare l’azione legislativa e di governo

Il nostro Paese ha bisogno di innovazione (e di innovazione digitale). Adesso più che mai. Non è uno slogan, non è una moda, non è un interesse di parte: è uno snodo essenziale per creare lavoro di qualità, prosperità diffusa, migliori servizi pubblici, un Paese più accogliente e vicino alle persone.

L’Italia deve essere un Paese che promuove, accompagna, favorisce l’innovazione. Deve essere “amico dell’innovazione” e non vederla come un nemico o un pericolo o, peggio, come una stanca sequenza di parole e rituali che nascondono e alimentano gli interessi di pochi e non producono alcun effetto positivo per i più.

Perché ciò accada, prima di discutere di misure specifiche o di risorse economiche, è necessario definire alcuni principi di fondo che devono ispirare e animare l’azione legislativa e di governo e, più in generale, le linee secondo le quali le diverse componenti del Paese si muovono e si impegnano.

1. Innovazione è istruzione e ricerca. L’innovazione si manifesta in un Paese che pone l’istruzione e la ricerca al primo posto tra le proprie priorità. Investire in istruzione e ricerca, tuttavia, non può ridursi a difesa corporativa della scuola e dell’università così come sono oggi strutturate e gestite. Deve esserci un cambiamento, vero, profondo, convinto in primo luogo di coloro che operano nel mondo della scuola e dell’università, che devono essere consapevoli delle responsabilità epocali che rivestono e del danno che un loro atteggiamento conservativo e di parte porta all’intera comunità.

2. Innovazione è competizione e concorrenza. L’innovazione si manifesta se il Paese tutela e promuove competizione e concorrenza. Ciò non significa auspicare un Paese “senza regole”, anzi. Competizione e concorrenza nascono e si sviluppano solo se ci sono regole del gioco chiare, che vengono fatte rispettare in modo rigoroso, puntuale, equanime e imparziale, a beneficio di tutti.

3. Innovazione è impatto. L’innovazione non si fa a parole o con buone intenzioni, ma introducendo risorse e strumenti attuativi che garantiscano un impatto concreto. In particolare, se gli strumenti attuativi sono sbagliati o inadatti, si avrà solo l’ennesimo spreco di denaro pubblico. Troppe volte nel nostro Paese scegliamo formule di intervento che privilegiano solo alcuni o che si rivelano essere solo uno sterile esercizio accademico scollegato da una reale analisi e valutazione di impatto.

4. Innovazione è fiducia. Il Paese favorisce l’innovazione se il sistema giuridico e normativo non si riduce alla sola repressione preventiva del possibile malaffare. Ovviamente è necessario combattere il malaffare, ma questo sacrosanto obiettivo deve essere perseguito con la semplicità delle norme e la trasparenza degli atti e non con continue stratificazioni di procedure bizantine e autoreferenziali che rallentano qualunque attività, rendendo spesso impossibile comprendere quale sia il confine tra lecito e illecito, aumentando così, paradossalmente, le occasioni per pratiche illegali e corruttive.

5. Innovazione è semplicità. Il Paese ha bisogno di semplicità, in primo luogo nel funzionamento della pubblica amministrazione. Occorre eliminare procedure inutili e adempimenti che sono solo un retaggio del passato, ripensando i processi grazie alle tecnologie digitali e non semplicemente automatizzando l’esistente. Serve una amministrazione pubblica che si manifesti per essere d’aiuto al cittadino e non per gestire vecchi e nuovi adempimenti. La pubblica amministrazione non può ribaltare sui cittadini tutte le proprie carenze e inefficienze.

6. Innovazione è ecosistema. L’innovazione si concretizza e manifesta quando tutte le componenti del Paese fanno bene “la propria parte”. Non è compito dello Stato e delle amministrazioni pubbliche operare nel mercato, quanto favorire una sua crescita regolata e ordinata. Le imprese non possono solo ricercare la difesa dell’esistente, ma mettersi in gioco per rinnovare la propria natura e il proprio posizionamento nel mercato.

7. Innovazione è creatività. L’innovazione può e deve essere incentivata con strumenti che non vanno sterilmente a finanziare chi “offre” innovazione, quanto a sostenere le imprese e, in generale, le organizzazioni che vogliono realmente attuare un percorso di innovazione, investendo del proprio per creare “cose nuove”, per innovare, sul serio.

8. Innovazione è coraggio e responsabilità. Innovare non vuol dire “mettersi insieme”, come troppi provvedimenti di questi anni, mesi e settimane (a cominciare dal PNRR) prevedono. Tutti questi meccanismi altro non fanno se non distribuire risorse a chiunque. Servono coraggio e responsabilità per scegliere e non attuare una pilatesca e clientelare distribuzione di risorse a pioggia per acquisire consenso.

9. Innovazione è comunità. L’innovazione del Paese ha senso e un effetto reale solo in un contesto Europeo. Da sola l’Italia non può farcela. L’Europa non può e non deve essere un vincolo o un obbligo, ma lo strumento per costruire un modello di sviluppo civile, economico e sociale di riferimento per l’intero pianeta.

10. Innovazione è patto. Tutto questo si ottiene attraverso un “patto per l’innovazione” che deve vedere in primo luogo una chiara, decisa e inequivocabile alleanza e collaborazione tra Stato, regioni, enti locali e una sostanziale e non formale coerenza di intenti tra imprese, corpi intermedi, cittadini.

È una sfida per il Paese, tutto, che nessuno può permettersi di ignorare o ostacolare. È la leva per costruire il nostro futuro. Tutti abbiamo il dovere e la responsabilità di fare la nostra parte.

Fonte: https://www.huffingtonpost.it/blog/2022/11/03/news/10_punti_per_un_paese_amico_dellinnovazione-10552990/