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La giornata mondiale dell’ambiente- il 5 giugno- nell’edizione 2023 ha visto una buona mobilitazione nel mondo. Il tema dominante è stato la lotta alla plastica che minaccia il pianeta, ma senza una condivisione sul modo per fermare il degrado di mari e distese d’acqua. Non è che sulla terraferma la situazione sia diversa. Ma le acque sono le più minacciate. Purtroppo nella giornata celebrativa dell’ambiente nessun capo di Stato o di governo ha potuto mettere in evidenza un impegno diretto sulla questione. Al vertice Onu di Parigi sull’inquinamento da plastica, concluso a ridosso della ” giornata” si è deciso di rimandare tutto a novembre prossimo. Una settimana di trattative tra i rappresentanti di 175 Paesi hanno prodotto un nuovo incontro a Nairobi in Kenya. In quella sede dovrebbe vedere la luce una prima bozza di trattato mondiale. Finalmente. Il cammino, insomma, continua a non essere semplice, quasi per le stesse ragioni che hanno fin qui rallentato la sottoscrizione di un accordo vero ed efficace.

Il summit di Parigi è stato il secondo, guarda caso, mentre nel mondo crescevano gli allarmi. Le ultime previsioni dicono che nel 2060 la plastica non gestita sarà tre volte più grande. La produzione globale oggi è di 460 milioni di tonnellate. Un quinto viene bruciato dove capita e senza controlli. Molti Paesi in via di sviluppo sono la destinazione finale di traffici illegali. Le Nazioni Unite dicono che con una cifra di poco superiore ai 60 miliardi di dollari si può costruire una governance che ridurrebbe della metà la cifra spesa ogni anno per ripulire mari, fiumi, coste da tubetti, flaconi,  bottiglie. Nel 2050 “rischiamo di avere più plastica che pesci nei mari ” ha detto Inger Andersen funzionaria Onu. Il futuro trattato dovrebbe essere vincolante per tutti e la preparazione della bozza zero per novembre è stata giudicata positivamente da Jyoti Mathur-Filipp, segretario del Comitato intergovernativo di negoziazione (INC).

I singoli Paesi nel frattempo potrebbero anche adottare propri piani, investire risorse. Non ci sono limiti per partnership o investimenti misti pubblico- privato. La raccolta e il riciclo sono tra le economie più redditizie avendo a disposizione impianti e commesse. Si può ridurre la produzione di plastica ? Le risposte sono molteplici e tengono conto del giro d’affari, delle materie necessarie, della produzione di polimeri, dei posti di lavoro, dell’export. Si può certamente avere plastica meno inquinante riducendo le sostanze chimiche che uccidono specie marine e minacciano la salute umana con le microplastiche. Bisogna ripensare il sistema, soprattutto in una fase di transizione ecologica e con capitali pubblici circolanti come vediamo negli Usa e in Europa. Ci sono previsioni che indicano nel 2024 il varo del trattato internazionale. Non lo escludiamo a priori, ma non siamo così ottimisti. Sarebbe già un successo leggere alla giornata dell’ambiente dell’anno prossimo un testo condiviso da portare all’approvazione dei governi. Il tempo- ahinoi- non è alleato dell’efficienza. La speranza la manteniamo.

di Nunzio Ingiusto