Categorie: Editorial
Tipo di Contenuto: clima | riscaldamento globale
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La lotta ai cambiamenti climatici riserva sorprese ? No.
Forse solo a coloro che la ritengono una falsa battaglia. ” Chi nega il cambiamento climatico, deve andare dagli scienziati e domandare: loro parlano chiarissimo e sono precisi ” ha detto Papa Francesco. Dunque, poche sorprese quando ci avviciniamo al tema dei temi dell’umanità.
L’estate 2023 è stata la più calda mai registrata a livello globale. Non è detto che non ce ne sarà un’altra che la supererà, ma c’è un dato (passato inosservato) che bisogna prendere in considerazione: il raffreddamento. Il pianeta che si riscalda ci mette davanti anche alla sfida di una povertà da raffreddamento. Qualcosa che permetterebbe alle persone di resistere un pò meglio alle ondate di calore, alle temperature proibitive che il corpo umano sopporta con grande sacrificio. Non siamo preparati.
Uno studio frutto di collaborazione di prestigiose Università ha messo in evidenza la natura multidimensionale della cooling poverty, cui ha correlato il concetto di cooling poverty sistemica. Lo studio è apparso sulla rivista Nature Sustainability e porta la firma di ricercatori dell’Università di Venezia cà Foscari, dell’Università di Oxford, della Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, dell’ European Institute on Economics and the Environment della London School. Centinaia di milioni di persone in Nord America, Europa, Africa settentrionale e Asia hanno sofferto condizioni climatiche estreme negli ultimi due anni. Tutti i fenomeni ci hanno fatto capire quanto sia necessario fare passi avanti sulla protezione dal caldo. Un pianeta ancora povero di misure di contrasto ai cambiamenti climatici non ci meraviglia, soprattutto perchè a dirlo è l’Onu nei suoi infiniti summit. Nonostante i miliardi di euro/dollari stanziati per invertire la tendenza, il passo è lento.

I ricercatori ora hanno dato una prima definizione del fenomeno della povertà da raffreddamento. Hanno spiegato che diventa sistemica nel momento in cui “organizzazioni, famiglie e individui sono esposti agli effetti dannosi del crescente stress da calore, principalmente a causa di infrastrutture inadeguate”. Non si fa abbastanza ovunque nel mondo, ma quali sono queste infrastrutture ? Sono la riqualificazione energetica passiva, le catene del freddo, i sistemi sociali come le reti di supporto e di assistenza. Antonella Mazzone, prima autrice dello studio e ricercatrice affiliata all’Università di Oxford – spiega che “la definizione proposta nello studio si discosta dai concetti esistenti di povertà energetica. La cooling poverty sistemica evidenzia il ruolo delle infrastrutture di raffreddamento passivo – acqua, superfici verdi e bianche- materiali da costruzione per un’adeguata protezione termica esterna e interna”. Dobbiamo ritenerla di sistema perchè considera anche lo stato dell’offerta di raffreddamento disponibile per il lavoro all’aperto, l’istruzione, la salute e la refrigerazione. ” Lo spazio e il luogo- aggiunge- giocano un ruolo chiave in questa concettualizzazione Va oltre l’energia e abbraccia un’analisi multidimensionale e multilivello di infrastrutture, spazi e corpi”. In sintesi la partita del cambiamento climatico, si combatte abbassando i livelli di inquinamento atmosferico e riducendo le fonti fossili, ma richiede al tempo stesso un’azione sul lato degli “anticorpi” freschi.
Sono cinque le dimensioni che interagiscono tra loro- clima, comfort termico, disuguaglianza sociale , salute, istruzione e standard lavorativi- di cui bisogna preoccuparsi. Per Enrica De Cian, altra ricercatrice italiana ” il concetto ha molte implicazioni politiche, in quanto evidenzia l’importanza di affrontare i rischi legati all’esposizione al calore con un coordinamento efficace tra diversi settori, come l’edilizia abitativa, la sanità, l’alimentazione e l’agricoltura, i trasporti”. Il potere di abbassare le temperature planetarie in fondo è nelle mani degli uomini, attori e vittime di una trasformazione globale che non ha precedenti nella storia. A meno che non impariamo ad avere freddo quando fa caldo.

di Nunzio Ingiusto