Tipo di Contenuto:
Tempo di lettura: 4 minuti

Stime al ribasso quelle del Fondo monetario internazionale nell’aggiornamento di aprile del suo World economic outlook rispetto alle previsioni di gennaio: si passa da una crescita globale del 6,1% nel 2021 a una del 3,6% nel 2022 e nel 2023, fino al 3,3% del post 2023.

Dopo il Covid viviamo un periodo di profonda incertezza a causa dell’aggressione russa in Ucraina: quanto preoccupa l’andamento dell’economia globale e in che modo si stanno ridefinendo gli equilibri geopolitici?

La puntata della rubrica ASviS “Alta sostenibilità” andata in onda su Radio Radicale il 30 maggio e condotta da Valeria Manieri ed Elis Viettone, è stata l’occasione per fare il punto della situazione su questi temi, anche alla luce delle analisi emerse dall’ultimo vertice di Davos, grazie alla presenza di Roberto Menotti (editor-in-chief di Aspenia online e deputy editor di Aspenia), Azzurra Rinaldi (economista, direttrice della School of gender economics di Unitelma Sapienza), Andrea Bonicatti (area coordinamento operativo dell’ASviS, referente Gruppo di lavoro sul Goal 8 “Crescita economica e lavoro dignitoso” e Gruppo di lavoro Finanza).

Azzurra Rinaldi, economista, direttrice della School of gender economics Università Unitelma Sapienza

“I dati non sono incoraggianti, abbiamo per esempio un andamento importante dell’inflazione negli Stati Uniti che si ripercuote anche da noi, il tutto è trainato dai prezzi del settore energetico”, ha esordito Rinaldi, “c’è poi il tema dell’approvvigionamento delle materie prime.

Quando parliamo di Ucraina pensiamo sempre al grano e al mais, dato che sappiamo che produceva rispettivamente il 12% e il 16% delle esportazioni. Però produceva anche il 46% a livello globale di olio di girasole, un prodotto molto più significativo per gli Stati del sud del mondo. Ancora una volta le crisi ci danno un insegnamento dal quale poi tendiamo a non ricavare un modello di comportamento diverso, e cioè il fatto che siamo tutti collegati. Un aspetto che riconosciamo solo nel momento acuto della crisi ma che poi tendiamo a dimenticare. Visto che ora siamo sotto un effetto di crisi incrociate, mi piacerebbe che venisse riconosciuto il fatto che siamo in presenza di un modello fragile e occorre riflettere su come declinarlo in maniera diversa. Viviamo un periodo di grande incertezza, ciò rappresenta un problema per l’economia e per decisioni che devono essere razionali. C’è un piano delle dichiarazioni e dei rapporti tra Stati, c’è poi un piano meno visibile dove flussi finanziari e di merci continuano a esistere.”

Roberto Menotti, editor-in-Chief of Aspenia online and deputy Editor of Aspenia. Senior advisor per le attività internazionali all’Aspen Institute Italia

Sulla stessa linea è poi intervenuto Menotti: “Tempo fa su Aspenia abbiamo scritto un editoriale in cui pensavamo al dopo Covid e alla fine dei conflitti militari guardando all’Afghanistan, che in fondo era un’eredità dell’11 settembre. Una fase chiusa dall’amministrazione Biden negli ultimi mesi con il ritiro un po’ precipitoso dell’estate scorsa. È molto complicato utilizzare le lezioni del passato, in parte perché ci rifiutiamo di imparare fino in fondo ma non solo. La realtà infatti ci presenta un aspetto che è difficile comprendere nella fase iniziale, cioè ogni volta veniamo sorpresi. È vero che uno dei problemi di fondo è l’interdipendenza, che alla fine come la globalizzazione rappresenta una grandissima opportunità, una straordinaria macchina di innovazione. Il problema è che ha anche il suo lato oscuro, come contagi e difficoltà nell’aiutare fasce della popolazione e Paesi più fragili. Siamo tutti legati da questi fili. La riflessione in corso è però utile: stiamo collegando meglio di qualche anno fa gli aspetti politici, quelli legati alla sicurezza del cittadino e gli aspetti economici. Già questo è un passo avanti, ovviamente da qui a trovare le soluzioni ce ne passa”.

Andrea Bonicatti, Area coordinamento operativo, Gruppo di lavoro sul Goal 8 – “Crescita economica e lavoro dignitoso e finanza”

Bonicatti infine ha parlato dei nuovi equilibri geopolitici, piuttosto instabili: “Da tempo vi era una grande percezione sia in America sia in Europa che la Cina stesse togliendo competitività, attraverso le sue politiche, ai mercati occidentali. Su questo c’è un dibattito che va avanti da anni, ora però abbiamo di fronte una serie di pericoli da un punto di vista geopolitico, basti vedere a tutte le aziende che operano in Russia e che si sono dovute adeguare alle sanzioni abbandonando il Paese o correndo il rischio di essere nazionalizzate dal governo russo. In Cina si sta poi verificando un problema di cui forse si parla poco in Italia: da mesi la strategia del Covid zero sta provocando un lockdown dopo l’altro. Chiusure durissime, è di poche giorni fa la notizia di operai che sono stati chiusi dentro l’azienda senza possibilità di uscire. Questo ovviamente è un problema per gli occidentali che si chiedono se possono fidarsi del mercato cinese, ma è anche per il resto del mondo. È un grande meccanismo collegato che fa vedere come l’azione multilaterale stia fallendo e, come dice il politologo Ian Bremmer, non c’è più una leadership chiaramente definita. Passiamo infatti da un G8 a un G2, di cui si parlava dieci anni fa a proposito della relazione tra Stati Uniti e Cina, a un “G-Zero” dove si rischia l’anarchia e dove alla fine saranno i cittadini a trovarsi svantaggiati, soprattutto quelli nei Paesi in via di sviluppo”.

 

di Ivan Manzo