Categorie: Editorial
Tipo di Contenuto: biometano | campi | fonti inquinanti
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La fonte energetica pulita, legata all’agricoltura come opzione strategica  della transizione italiana ed europea.

La spinta alle energie rinnovabili che arriva dall’ Europa fa riscoprire valori e senso di appartenenza a categorie produttive definite. Nessuna meraviglia, dunque, se tra queste ci sono gli agricoltori, con in testa italiani e francesi. Il lavoro nei campi produce sottoprodotti che possono sostenere  il passaggio ad economie meno dannose per il clima e l’ambiente. Il biogas, per esempio, su cui l ‘Italia può puntare per rispondere alle sollecitazioni dell’Ue ma  anche alle aspettative nazionali. E’ una fonte pulita, legata ai processi agricoli, solo che al momento ha bisogno di regole un po’ più chiare. Norme che stimolino gli investimenti e trasmettano al mondo agricolo messaggi di modernità. 

I vecchi contadini hanno sempre saputo utilizzare gli scarti e i residui delle loro aziende. Le bioenergie sono riconosciute dal Green Deal europeo e per questo ogni Stato ha la responsabilità di valorizzarle al meglio. La guerra in Ucraina ha visto il calo delle importazioni di gas dalla Russia, ma non ha provocato crisi energetiche insuperabili. Eolico e fotovoltaico sono cresciute ma le quote di biogas e biometano hanno  grandi potenzialità per creare una nuova catena del valore. Parliamo di una filiera corta, dai campi all’energia distribuita. Ha ragione Piero Gattoni, Presidente del Consorzio Italiano Biogas, quando dice che “raggiungere gli obiettivi di sviluppo della produzione di biogas e biometano tracciati nel PNRR consentirebbe di rafforzare la sicurezza energetica nazionale facendo leva sul percorso di transizione avviato dalla nostre aziende agricole”. Al Biogas Italy 2023 di Roma se n’è parlato tanto, con le imprese che si sono dette pronte alla sfida. E’ necessario, pero’, avere un orizzonte certo per far partire investimenti che devono essere ritenuti validi anche dal sistema bancario. I tempi fissati dal PNRR al 2026 diventano ,allora, troppo stretti. E’ vero che l’Europa ha lanciato il “Biomethane Industrial Partnership (BIP)” con 35 miliardi mc di  al 2030. Ma la partita si gioca nei singoli Stati e sebbene l’Italia rivendichi tempi più “comodi” per il  Piano di Ripresa non parte affatto svantaggiata. 

L’agricoltura italiana ha una lunga traduzione – al Nord come al Sud- nel riciclo e riuso di cio’ che viene lavorato o allevato. Una tradizione che si rivela preziosa in un passaggio epocale verso economie meno invasive. L’economia contadina non ha mai sprecato nulla e il valore aggiunto di oggi sta in una maggiore tutela dell’ambiente e nella costruzione di un’economia circolare basata su vecchie abitudini. 

L’Italia entro la fine di quest’anno dovrebbe raggiungere i 700 milioni di metri cubi di biometano. Il PNRR mette a disposizione circa 2 miliardi di euro per nuovi impianti con il traguardo di 2,3 miliardi di metri cubi entro il 2026. Davanti a questi numeri resta da capire come il governo intenda intervenire per sostenere la decarbonizzazione attraverso incentivi ad una terza fonte accanto ad eolico e fotovoltaico. Il Ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha detto che il decreto sulle energie rinnovabili (FER2) è all’esame della Commissione europea. Abbiamo fiducia nelle valutazioni di Bruxelles perché il decreto del governo alla fine dovrebbe contenere quelle norme necessarie a dare la giusta spinta alla transizione italiana.Produrre elettricità partendo dai campi è un’obiettivo che un Paese con oltre 400mila imprese agricole e una storia secolare puo’ raggiungere. Magari anche prima degli altri, una volta tanto.

 

Di Nunzio Ingiusto