Categorie: Editorial
Tipo di Contenuto: anno che verrà | energia | sostenibilità
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Il 2024 non potrà essere come il 2023. L’anno che si chiude è stato indicativo per i mutamenti climatici i problemi dell’energia e la necessità di mettere il mondo a riparo da altre catastrofi.

L’Italia? Deve fare la sua parte. Parlamento, Governo, Regioni, mondo del lavoro, discutono in queste settimane di un provvedimento che avrà effetti di lunga durata. Parliamo del Decreto Legge  Energia che alla fine dovrà farci capire quanta buona volontà c’è di rendere il nuovo anno diverso dai precedenti. La transizione energetica si fa con i soggetti impegnati sui territori. Calarla dall’alto sarebbe un clamoroso flop. Ci lasciamo alle spalle 12 mesi con molte iniziative annunciate nella pur generale incertezza della strategia globale contro i cambiamenti climatici.

L’Italia non può essere spettatrice, ma protagonista, almeno in casa propria. E una nota di ottimismo ogni tanto non guasta. Per questo il DL energia è occasione unica per capire dove tutti vogliamo andare. Il provvedimento tra l’altro potrebbe portare alla creazione di un fondo per premiare le Regioni capaci di raggiungere gli obiettivi per le rinnovabili senza accumulare ritardi. È una buona cosa. Il percorso politico parlamentare si è arricchito di questa nuova proposta avanzata dalla Conferenza Stato Regioni e gradita anche alle imprese. I contenuti del decreto soddisfano i presidenti di Regione che da una parte rivendicano un ruolo nella transizione energetica, ma dall’altra, aggiungo io, devono farsi perdonare le lentezze con le quali concedono le autorizzazioni a nuove infrastrutture. Si tratta di soldi da mettere in campo e tenerli fermi è follia.
“ll giudizio complessivo sul Decreto da parte della Conferenza delle Regioni è positivo sugli obiettivi e  sulla volontà di incrementare l’indipendenza dalle fonti fossili e la sostenibilità industriale del Paese” ha detto Anita Pili, Coordinatrice della Commissione Energia delle Regioni in  Commissione Ambiente alla Camera dei deputati. Il fondo, se sarà istituito, sarà una forma di ristoro economico che distinguerà le azioni concrete sui territori. Le Regioni devono individuare presto le aree idonee per le nuove infrastrutture green per le imprese. Ma non tutto è definito. Per Pili una “questione limitante è il raddoppio delle posizioni richieste in termini di contribuzione ai soggetti che faranno investimenti, ovvero alle imprese”.  Ci vuole collaborazione istituzionale e la garanzia del mantenimento degli investimenti previsti.
L’energia è un mercato globale dove imprese e capitali sono determinanti. Se lo Stato sceglie un sistema premiale ed è nelle condizioni di sostenerlo, fa una scelta giusta. Evidentemente le premialità devono andare anche a vantaggio di chi scommette sui successi delle future infrastrutture.
Non siamo messi male. Le imprese energetiche non hanno grandi obiezioni sul provvedimento energia. Marco Ravazzolo, direttore dell’Area  Ambiente Energia di Confindustria dice che bisogna garantire la competitività dei costi energetici a carico degli imprenditori. Anch’egli in audizione alla Camera ha voluto  ” richiamare l’attenzione sull’istituzione di un Fondo di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale da ripartire tra le regioni” C’è, quindi, una convergenza verso forme di ristoro pubbliche con l’obiettivo di guadagnare tempo, almeno sugli obiettivi europei di transizione energetica.

Il Parlamento approverà? Staremo a vedere. Del resto nel 2024 l’Europa rinnova i suoi vertici, per cui all’Italia conviene molto mettere al sicuro il proprio futuro in un’ottica europeista che su energia-clima deve essere unita.

Di Nunzio Ingiusto