Categorie: Editorial
Tipo di Contenuto: green | Italia | svolta green
Tempo di lettura: 3 minuti

Il Paese si affida al PNRR e trova più risorse per industrie strategiche per la transizione ecologica.
Perché puo’ essere d’esempio all’Europa ?

Le buone intenzioni, in genere, sono sempre le benvenute. Soprattutto quando incidono sulla vita delle persone ed arrivano da chi ha il potere di tradurle in atti concreti. Quando in Italia si parla di investimenti pubblici si sa che la proverbiale coperta è sempre un po’ corta. L’economia circolare è un percorso che il Paese sta costruendo per gradi, con qualche difficoltà, dentro e fuori il Piano di Ripresa e Resilienza. La notizia di questi giorni che proprio nel PNRR  sono stati “trovati” 136 milioni di euro di fondi residui e ricollocati in settori importanti dell’economia, é sicuramente un segnale di fiducia. 

I fondi gestiti dal Ministero dell’Ambiente andranno a progetti di riconversione di industrie della plastica, della carta, del tessile. Nella Gazzetta Ufficiale del 14 marzo è stato pubblicato il decreto che rende disponibili le risorse in favore di quei progetti che in un primo momento non erano stati finanziati. Erano entrati si nelle graduatorie, ma poi non avevano ricevuto i necessari sostegni perché, appunto, la coperta era troppo corta. Era risultato subito chiaro che quelle industrie che pur avevano presentato progetti cosiddetti “faro”, avrebbero segnato il passo nella transizione ecologica. E l’Italia al punto in cui è, per lentezze burocratiche e pregresse sottovalutazioni, non può permettersi simili lussi. 

Il PNRR assegna a questi comparti in totale 600 milioni di euro. Soldi evidentemente che non saranno sufficienti a rimodulare produzioni, commercio e recupero di tutto ciò che è legato al loro mondo. Se fossero stati fatti altri tagli la transizione ne sarebbe uscita ancora più debole. Il Paese avrebbe fatto capire di non credere nella transizione, di non ritenerla cosi’ determinante. Per fortuna, rifacendo i conti per bene,  non sta andando cosi’. 

Prendiamo  il settore della plastica. Erano state presentate proposte per  2,5 miliardi di euro di finanziamenti : 16 volte in più delle risorse disponibili, ha calcolato il sito “Ricicla”. Su 136 domande ne erano state finanziate soltanto 32. Eppure la plastica é il comparto industriale più esposto sia sotto l’aspetto climatico che ambientale. Il settore  su cui si concentra l’attenzione  dei governi, delle associazioni ambientaliste, del mondo social, per liberare il pianeta. Se non si sostiene la sua riorganizzazione in chiave green é pressoché superfluo pensare poi  ad altri settori. La vita di tutti noi é a contatto con oggetti, componenti, arredi, beni in plastica. L’Italia in Europa è il secondo Paese per consumo procapite. di plastica. Per produrla plastica si fa larghissimo uso di gas e petrolio emettendo tonnellate di CO2 nell’aria. A seguire ci sono i comparti della carta, i rifiuti elettronici, il tessile. 

Un’altra buona notizia che arriva dal Ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin è che una quota dei fondi ripescati andranno alle Regioni del Sud. Sono circa 7 milioni di euro che dovranno mettere in campo iniziative virtuose di economia circolare/ Intere zone del Sud non riescono ad impostare politiche rigenerative di segmenti e/o distretti industriali per mancanza di capitale pubblici e privati. La disponibilità di soldi dovrebbe essere attrattiva per nuove iniziative, non speculative o furbesche come è accaduto in passato. E questo si colloca dentro una svolta epocale per l’Italia e che estende le responsabilità a tutte le forze sociali, politiche ed economiche. Il Paese può diventare un esempio per un’ Europa divisa su molti capitoli, ma che dà anche l’impressione di voler essere ispirata da modelli efficaci. Avere alle spalle una buona cultura industriale, oggi  vuol dire saperla connettere alla modernità e al futuro. Bisogna provarci e  mostrare coraggio.  

di Nunzio Ingiusto