Categorie: Editorial
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C’è un posto della terra, in California, denominato la Valle della Morte. Un nome che evoca la location di un film western. Purtroppo no, non c’è nessuna pellicola che ci porta a parlare della Valle della Morte, tranne la circostanza che due giorni fa vi è stata rilevata la temperatura record del pianeta: 55 gradi. La Valle ha superato se stessa, in quanto aveva già fatto registrare la punta massima di 54,4 gradi. Le temperature alte sono la cifra del cambiamento climatico e in questa prima parte del 2023 vengono aggiornate a ritmi straordinari.

Nel 2022 in Europa sono morte 60 mila persone a causa dei colpi di calore; 18 mila in Italia. C’è chi dice che a fine 2023 potremmo contarne molte di più. Nessuno se lo augura, ovviamente, anche se la corrente negazionista degli effetti climatici, non condivide i dati su quelle morti. La settimana scorsa si sono riuniti a Venezia scienziati ed amministratori pubblici per discutere dell’innalzamento dei mari. Una minaccia per centinaia di città rispetto alla quale Venezia si candida come città-laboratorio. Tra i relatori nessuno ha negato gli effetti del clima su questo particolare pericolo, soprattutto perché le reti di monitoraggio rilevano il trend in modo scientifico.

Perché, allora, aumenta il numero di coloro che si rifiutano di credere alle variazioni del clima, alle inondazioni, all’innalzamento dei mari, alla CO2 ? Perché la cultura del sospetto, degli intrighi narrativi, delle lobby e delle trame, cammina più velocemente dei dati e della ricerca. Perché credere è molto più semplice che dubitare. La storia dell’umanità è piena di falsificazioni, macchinazioni, teoremi fasulli, tutti crollati davanti a ricerche ineccepibili e dimostrazioni scientifiche. Anche davanti  a casi concreti. Provate a chiedere ad un astronauta sceso sulla luna se ci è andato davvero, dopo anni di sacrifici e studio, o era su un set cinematografico ? Provate a chiedere all’equipaggio di una nave se si è mai accorto che il mare ad un certo punto finiva e che la terra era piatta, piatta ?

Sugli eventi climatici per secoli il negazionismo è stato sinonimo di una volontà Superiore, religiosa o pagana,  che faceva “il bello e cattivo tempo”. Per i contadini delle nostre campagne, i raccolti o le perdite dipendevano da quanto Iddio Onnipotente volesse bene (o male ? ) al loro lavoro. Poi arriva un’alluvione come in Emilia Romagna, che uccide degli innocenti e per riprenderci la vita, tutti, anche i negazionisti del clima, ci pieghiamo alle volontà di un (eccellente) Generale dell’esercito.

Lontana dalla Valle della Morte, l’Italia combatte contro alluvioni, ondate di calore, grandine estiva, incendi. Per il « caldo non ci sono dubbi, è il fenomeno più diretto che possiamo percepire », dice Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana. “Anche le alluvioni hanno una componente legata al cambiamento climatico ma non sappiamo in che misura”, aggiunge. Non si gioca con il destino delle persone, né si può negare la scienza come risorsa umana.

La foto di una madre e della sua bambina morte nel deserto libico per mancanza d’acqua sono il tragico epilogo di qualcosa che ha molto a che fare con il clima. Esseri umani che scappano da guerre, violenze, sconvolgimenti climatici, mancanza di cibo ed acqua. La natura si ribella, si dice, ma chi nega queste evidenze non ha nessuna possibilità di ottenere risultati, rende “pubblica la sua ignoranza” avrebbe detto Leonardo Da Vinci. Il leader di un partito ecologista italiano ha proposto una legge contro il negazionismo climatico. Vedremo cosa ne sarà. Ma per chi nega può sempre essere utile un viaggio nella Valle della Morte.

Di Nunzio Ingiusto