Categorie: Editorial
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Per completare la prima rapida disamina delle bozze dei principi EFRAG necessari alla applicazione della direttiva CSRD, ed in attesa dei principi “proporzionali” per le PMI quotate è necessario coprire la lettera “G” di Governance.  In precedenza mi sono occupato del tema della doppia materialità quale fattore portante della intera costruzione di non financial reporting e poi, con riferimento alla “S” di Social, ho commentato gli obblighi di reporting inerenti la forza lavoro interna ed esterna. 

Vale la pena di ricordare che lo schema dei principi ESRS di EFRAG è composto dai due principi ESRS 1 e ESRS 2 cosiddetti “cross cutting” completati dai principi specifici “E” per l’ambiente, “S per social e “G” per Governance. In un primo momento EFRAG aveva accompagnato i “requirements” in punto governance contenuti nel principio ESRS 2 con due principi specifici G1 (Governance) e G2  (Business conduct) – in sede di emanazione delle bozze definitive ed accogliendo i suggerimenti ottenuti con la pubblica consultazione, EFRAG ha deciso di eliminare il principio G1 Governance che era di fatto il doppione dei paragrafi di governance del principio ESRS 2 ed ha rinominato il principio G2 in G1 Business conduct.

I principi generali sulla Governance sono quindi illustrati nel principio ESRS 2 secondo il seguente dettaglio

DR GOV 1: Ruoli e responsabilità degli organi di amministrazione, direzione e controllo avente il seguente obiettivo: esporre la composizione degli organi amministrativi, di direzione e controllo, loro ruoli, responsabilità ed accesso a “expertise e skills” in materia di sostenibilità.

DR GOV 2: Informazione di sostenibilità da e per gli organi di amministrazione, direzione e controllo avente il seguente obiettivo: esporre come gli organi amministrativi, di direzione e controllo ottengono informazioni di sostenibilità e come tali informazioni sono state trattate in corso di periodo.

DR GOV 3: Integrazione delle strategie di sostenibilità negli schemi di incentivazione avente il seguente obiettivo: esporre i criteri con cui le performance in materia di sostenibilità sono correlate agli incentivi di remunerazione.

DR GOV 4: Dichiarazione sulla due diligence di sostenibilità avente il seguente obiettivo: esporre la mappatura dei processi di due diligence che si riflettono sul reporting di sostenibilità (la due diligence riguarda le misurazioni di impatto).

DR GOV 5: Risk management e sistemi di controllo interno sul reporting di sostenibilità avente il seguente obiettivo: esporre gli aspetti principali di risk management e controllo interno correlati al processo di reporting di sostenibilità.

A seguire, il principio ESRS G1 Business conduct, completa gli obblighi generali con ulteriori obblighi specifici secondo il seguente dettaglio.

DR G1 – 1: Cultura di impresa e condotta aziendale avente l’obiettivo di: esporre le azioni atte a promuovere una cultura aziendale di sostenibilità e le politiche di conduzione del business sostenibile.

DR G1 – 2:  Gestione delle relazioni con i fornitori avente l’obiettivo di: esporre informativa sulle relazioni di sostenibilità con i fornitori e sugli impatti nella catena di fornitura.

DR G1 – 3: Prevenzione e identificazione di corruzione attiva e passiva avente l’obiettivo di: esporre informativa sui processi interni in materia di rischi da corruzione e loro gestione.

DR G1 – 4: Episodi comprovati di corruzione attiva e passiva avente l’obiettivo di: riferire sugli episodi accertati accaduti durante il periodo di reporting.

DR G1 – 5: Influenza politica e lobbying avente l’obiettivo di: esporre informativa sulle azioni di influenza politica inclusa quella di lobbying in relazione ad aspetti materiali di sostenibilità.

DR G1 – 6: Prassi di pagamento avente l’obiettivo di: esporre informativa sulle politiche di pagamento al fine di garantire trasparenza stante l’importanza del rispetto dei termini e del rischio di pagamenti tardivi alle PMI.

La carrellata di obblighi sopra illustrata consente di comprendere facilmente l’impegno “G” che grava su tutte le imprese soggette al non financial reporting.

Ricopiati in un unico paragrafo e letti in successione essi costituiscono un vero e proprio vademecum comportamentale, una filosofia, una organizzazione che ciascun imprenditore è tenuto ad applicare per la propria impresa utilizzando le conoscenze proprie del business e dei contesti operativi.

Esporre la composizione degli organi amministrativi, di direzione e controllo, loro ruoli, responsabilità ed accesso a “expertise e skills” in materia di sostenibilità –  esporre come gli organi amministrativi, di direzione e controllo ottengono informazioni di sostenibilità e come tali informazioni sono state trattate in corso di periodo – esporre i criteri con cui le performance in materia di sostenibilità sono correlate agli incentivi di remunerazione – esporre la mappatura dei processi di due diligence che si riflettono sul reporting di sostenibilità (la due diligence riguarda le misurazioni di impatto) – esporre gli aspetti principali di risk management e controllo interno correlati al processo di reporting di sostenibilità – esporre le azioni atte a promuovere una cultura aziendale di sostenibilità e le politiche di conduzione del business sostenibile – esporre informativa sulle relazioni di sostenibilità con i fornitori e sugli impatti nella catena di fornitura – esporre informativa sui processi interni in materia di rischi da corruzione e loro gestione – riferire sugli episodi accertati accaduti durante il periodo di reporting – esporre informativa sulle azioni di influenza politica inclusa quella di lobbying in relazione ad aspetti materiali di sostenibilità – esporre informativa sulle politiche di pagamento al fine di garantire trasparenza stante l’importanza del rispetto dei termini e del rischio di pagamenti tardivi alle PMI.

Più volte ho ricordato che le PMI non quotate sono per ora esonerate dagli obblighi di non financial reporting posti dalla CSRD, così come si deve ricordare che in sede di approvazione finale da parte della Commissione UE l’obiettivo di “alleggerire” ancora tutti gli obblighi è stato politicamente rappresentato dalla Presidente Ursula Von der Layen ed ancora va ricordato il desiderio della organizzazione europea delle PMI – SMEUnited – di esortare alla costruzione su basi volontarie di un set di principi di non financial reporting dedicato alle PMI non quotate. Tutto questo ha certamente lo scopo condivisibile di limitare gli effetti a cascata sulle PMI derivanti dagli obblighi posti alle quotate.

Al netto di questo legittimo desiderio va comunque segnalato che in punto “G” la lettura dei DR ora proposta impone di riflettere a prescindere dalle dimensioni dell’azienda sul fatto che l’approccio alla sostenibilità (inevitabile per chiunque) comporta una serie di misure difficilmente eludibili a partire da studio e preparazione personale dei soggetti coinvolti.

Qualunque impresa deve avere organi di direzione che “sappiano” cosa è la Sostenibilità e ne conoscano i principali aspetti al fine di rispondere correttamente agli obblighi (anche ridotti e proporzionali) cui sono chiamati – oltre alla direzione occorre che tale conoscenza si collochi ai più rilevanti livelli dell’organizzazione aziendale in modo che siano coperte le strutture interne responsabili dei temi “E” e dei temi “S” (per esempio  la produzione e l’amministrazione). 

Occorre quindi un assetto organizzativo in cui i temi di sostenibilità siano parte integrante delle mansioni e delle funzioni. Coloro che sono chiamati a “studiare” non sono pochi.

La promanazione dall’apice dalla struttura aziendale della conoscenza di sostenibilità è un elemento costitutivo del “nuovo approccio” al business compatibile con il raggiungimento degli obiettivi posti dalla nuova direttiva CSRD il cui “braccio armato” sono i principi (attualmente in bozze EFRAG). 

Ed anche per quelle aziende che sono esentate (allo stato) l’approccio alla sostenibilità deve permeare il modello di business in modo che lo sviluppo delle transazioni economiche (della singola azienda e della value chain cui appartiene) sia sin dalla sua progettazione “sostenibile” al fine di misurare gli impatti sugli stakeholders e sui flussi di cassa aziendali. 

Il rapporto fra visione a breve quale applicazione della “mission aziendale” deve essere  da ora in poi rivisto affinchè la “mission” contenga le basi della sostenibilità che viene poi ad essere applicata in fase realizzativa (e quindi a breve) con maggiore successo.

Si osserva molte volte che tante PMI hanno difficoltà di approccio al lungo periodo, non sono ben strutturate per la redazione di business plan cui abbinare il budget annuale da consuntivare ed aggiornare periodicamente. 

Ebbene, l’approccio “G” alla Sostenibilità è lo strumento che consentirà a molte PMI di rivedere le loro difficoltà in modo che anche per loro l’imprenditore possa “pensare sostenibile a lungo” in modo da “agire sostenibile nel breve” e di conseguenza fare (sia pure su basi volontarie ove consentito) reporting finanziario e non finanziario integrato con consapevolezza e successo.

Ancora una volta concludo dicendo che la sfida posta dalla Sostenibilità è epocale.

Federico Diomeda
Dottore Commercialista in Genova
Membro del Consiglio Direttivo di IASE Italy