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Intervista a Nicolas Lorenzo Zeoli di Ganiga

Oggi incontriamo Nicolas Lorenzo Zeoli di Ganiga e siamo curiosi di conoscere di cosa si occupa la sua start up.  

Ganiga innovation si occupa d’intelligenza artificiale legata alla sostenibilità.

Il nostro obiettivo è cercare di risolvere i problemi correlati alla raccolta differenziata, che quotidianamente ognuno di noi si trova ad affrontare, ad iniziare dalla semplice domanda: dove posso gettare un rifiuto ed essere sostenibile. Per questo abbiamo sviluppato una tecnologia, sfruttando l’AI per salvaguardare l’ambiente. Abbiamo così inventato il cestino smart “Hoooly”, che riconosce i diversi rifiuti e li smista. Quando è pieno, avvisa direttamente il gestore e pianifica lo svuotamento. In questo modo, c’è un risparmio di tempo, di personale addetto ma soprattutto una sensibile riduzione delle emissioni di CO2. Abbiamo realizzato questo prototipo per diverse tipologie di clienti e messo a disposizione delle pubbliche amministrazioni, alle quali abbiamo venduto i primi pezzi. Successivamente abbiamo creato una collaborazione importante nel settore della GDO. Infine lo metteremo a disposizione, entro la metà del 2024, anche ai privati. In quest’ottica abbiamo considerato Hoooly come un qualsiasi elettrodomestico, da incasso e non, che verrà in aiuto alle persone nella raccolta differenziata. 

 Come è nata l’idea di Ganiga?

E’ successo in un periodo in cui non avevo ancora trovato la mia dimensione. Lavoravo come programmatore in una multinazionale ma non ero per nulla soddisfatto, sentivo di avere molte cose da dire e non riuscire ad esprimere al meglio il mio potenziale. Così è nata Ganiga, in particolare da una camminata. Uscito dal bar, dopo un pranzo veloce, mi ero ritrovato a camminare per strada con tra le mani una bottiglietta d’acqua vuota da buttare. Mi sono detto: “E’ possibile che abbiamo sotto controllo tutto ma non sappiamo dove trovare rapidamente un cestino per buttare le cose?”. In quel momento mi veniva quasi voglia di buttare la bottiglietta d’acqua per terra. Per sopprimere questo istinto, mi venne l’idea d’inventare un’applicazione che indicasse dove trovare i cestini.

Abbiamo iniziato dallo scrivere una serie di questionari destinati ad un’indagine sociale, abbiamo riformulato un po’ l’idea iniziale, e abbiamo inviato un Google form online. Ci hanno risposto circa 1400 persone e questa ricerca ha evidenziato tre problemi fondamentali. Il primo: quando si cerca un cestino non lo si trova mai. Il secondo: quando si arriva di fronte a un cestino non si sa mai se è quello giusto in cui gettare il rifiuto. Il terzo: un cestino pieno ha un impatto visivo ambientale veramente importante. Di lì, ho collegato il problema alla modifica dell’idea iniziale, e trovato la soluzione grazie al mio background da programmatore. Questa è stata la base da cui è nata Ganiga.

In che modo vengono registrati e poi utilizzati i dati degli utenti che si interfacciano con Hoooly, il vostro cestino smart?

Questa è stata la prima domanda appena nato Hoooly. Siamo stati molto attenti, fin dal principio, al tema della privacy e alla conformità alle leggi vigenti. Per quanto ci riguarda, i dati raccolti vengono registrati solo per le nostre statistiche.

Ci piace studiare quanto il consumatore spreca che è un fattore molto rilevante per migliorare la nostra tecnologia e l’impegno per l’ambiente. Se ad esempio notiamo che dentro le case degli italiani l’80% butta via le bottiglie di plastica, la nostra soluzione è quella di cercare un’alternativa all’utilizzo e consumo della plastica.

La nostra ricerca è finalizzata a individuare un problema, considerato tramite il tracciamento della quantità di dati raccolti, per fornire poi una soluzione che possa avere riscontri positivi in termini di sostenibilità.

Avete già in previsione anche delle collaborazioni con l’estero?

In questo momento l’estero è il nostro obiettivo primario. Abbiamo già una proposta da una venture capital di Londra che investirà su di noi. Siamo partiti dall’Italia, anche se ce l’avevano sconsigliato in molti, perché crediamo fortemente nel nostro Paese. Adesso abbiamo l’ambizione di arrivare ad affermarci sui mercati americani e asiatici. Ci rendiamo conto che la strada da percorrere è ancora lunga, ma penso che questo sia del tutto normale pensando che abbiamo iniziato il nostro percorso da poco meno di due anni.

Qual è la sfida più grande che finora vi siete trovati ad affrontare?

Di difficoltà nel nostro mondo delle start up ce ne sono tutti i giorni. Un passaggio decisivo è stato quando ci siamo occupati dell’idea che avevamo del tempo libero e del lavoro, quando cioè siamo passati da un gioco a un lavoro full-time.

Nel mio caso, pur essendo giovane, prima avevo un impiego sicuro, con il quale potevo girare il mondo. La scelta di dedicarmi a un progetto tutto mio, che mi occupava 24 ore al giorno con momenti di vuoto in cui non ti confronti con nessuno, è stata indubbiamente molto dura. Ma ho affrontato e risolto la sfida con calma, grazie anche ai mentor che ci ha fornito Le Village di Crédit Agricole, che ci hanno insegnato che ogni cosa ha i suoi tempi.

Un’altra circostanza chiave è stata comprendere che lavorare 24 ore al giorno per 3 mesi non era giusto. La strada corretta era invece riuscire a lavorare 8 ore al giorno per 3 anni, lasciando spazio al tempo e alla costanza, con la consapevolezza che è fondamentale ascoltare tutti sapendo che la nostra idea magari non è perfetta, così come non lo erano Facebook e Youtube agli albori, e che quindi può essere migliorata nel tempo grazie anche ai consigli di chi ha più esperienza.

Quindi abbiamo imparato che la via giusta è continuare ad evolverci senza abbatterci mai, nutrendo fiducia nelle nostre potenzialità e sapendo chiedere aiuto nel momento del bisogno.

di Marco Camporese