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Ottavia Belli, Ceo di Sfusitalia, dopo gli studi in politiche ambientali ha deciso di fondare una startup che si occupa di ridurre i rifiuti e di zero waste. La sua azienda si concentra sul potenziamento e la digitalizzazione del mercato sfuso e zero waste italiano, sensibilizzando i cittadini ad avere stili di vita a basso impatto ambientale.

Come? Mappando più di 800 negozi sfusi in Italia. 

Abbiamo chiacchierato con Ottavia per comprendere come la passione per la permacultura l’abbia spinta a fondare la sua attività. Grazie alle sue parole abbiamo scoperto perché ha deciso di dedicare la sua carriera alla prevenzione dei rifiuti e abbiamo raccolto dei consigli utili per sensibilizzare i nostri lettori su questo tema.

Ottavia, com’è nato il tuo interesse per la salvaguardia della terra?

Sicuramente, da quando ero bambina, ho sempre avuto forti stimoli. Grazie all’influenza della famiglia e dei miei genitori, che mi hanno fatto conoscere gli spazi verdi, in vacanza o in fattoria, sono stata sempre molto a contatto con la natura.

Quello che ha dato una grande virata alla mia vita, sia personale che professionale, è stata la scoperta della permacultura, vale a dire una struttura di progettazione di sistemi antropici, quindi di sistemi umani, in equilibrio con quelli naturali.

Il tutto basato sull’emulazione della natura. È un elemento che da tempo mi affascina tantissimo.

Perché hai deciso di fondare Sfusitalia, la piattaforma che riunisce negozi di prodotti sfusi di tutta Italia? E quali sono per te i vantaggi di questo tipo di mercato? 

Il bisogno di mappare questi negozi nasce da un’esigenza personale. Infatti, inizialmente ho mappato i negozi a Roma, che non trovavo data la vastità della città. Poi, con il tempo, ho capito che questa mappa sarebbe stata uno strumento molto utile anche per altri consumatori come me, e quindi l’ho estesa all’Italia intera.

Successivamente mi sono lanciata in un’avventura che ha rappresentato la realizzazione del mio primissimo sito, e qui ho iniziato a vedere un forte interesse anche di altre persone che si sono rese conto che gli imballaggi erano esponenzialmente aumentati. Quindi ho scoperto che c’era un desiderio condiviso di tornare a fare “un passo indietro per farne tre avanti”.

Qual è stata la crescita della tua attività negli anni e gli sviluppi futuri che hai in mente per l’Italia?

La crescita dei negozi è stata costante. Abbiamo iniziato con un centinaio di attività, oggi ne abbiamo poco più di ottocento. Gli ultimi anni però non sono stati rosei per il settore. Tantissimi negozi, anche storici hanno chiuso, chi a causa del Covid, chi per la successiva crisi energetica, chi per entrambi. Ma soprattutto la grande causa di questi fallimenti è stato un bando italiano pensato per i negozi sfusi in cui erano stati stanziati 40 milioni di euro ma che ha escluso tantissime realtà dal ricevere anche 1.000€. Sono state assegnate infatti solo l’1 % delle risorse stanziate, e quindi sono stati numerosi i negozi che non hanno avuto nessun tipo di aiuto di Stato come in passato. Queste rivendite non sono state supportate né a livello di aiuto economico né di sgravio fiscale.

Per gli sviluppi futuri molto dipende dal mercato e dalle politiche europee. Al momento, l’Europa sta lavorando al regolamento sui rifiuti di imballaggio ormai da parecchio tempo e molte attività dipenderanno dalla lungimiranza di chi prende le decisioni in Italia. Mi domando perché per esempio, la Francia e la Spagna abbiano già introdotto l’uso obbligatorio di vendere nei supermercati prodotti sfusi, mentre in Italia questa legge ancora non ci sia.

In qualità di Top Voices Ambiente, ci puoi spiegare come realizzi la tua attività di divulgazione, quali sono le fonti di informazione quotidiana e come comunichi le idee alla tua community?

È molto difficile assicurarsi che un’informazione sia corretta, anche se si usano le testate principali. Quindi tendenzialmente io uso come fonte uso i report scientifici, i peer review, i report di enti terzi e le conferenze internazionali. Inoltre ho la mia testata di riferimento, che è Economiacircolare.com, con cui ho lavorato e che conosco molto bene, quindi mi fido molto di loro.

Per quanto riguarda la mia comunicazione su LinkedIn, mi piace molto trattare le problematiche relative ai cambiamenti climatici e tutte le loro conseguenze. Al tempo stesso credo sia importante parlare di soluzioni concrete, pratiche, tangibili e immediate, perché questo è quello di cui abbiamo bisogno, come dico io, per far crescere la speranza nelle persone. C’è necessità di cambiamento e il singolo può fare la differenza.

Secondo un dato Eurostat, dal 2010 al 2021, carta e cartone sono stati i principali rifiuti di imballaggio nell’UE (34,0 milioni di tonnellate nel 2021), seguiti da plastica (16,1 milioni di tonnellate) e rifiuti di imballaggio di vetro (15,6 milioni di tonnellate).  Secondo te, come Humaneworldmagazine potrebbe promuovere correttamente il concetto di prevenzione dei rifiuti per mitigare gli effetti della crisi climatica?

La prevenzione del consumo delle risorse è l’altra faccia del rifiuto. Il rifiuto è una risorsa che è stata gestita male. Ci sono tante sfaccettature e chiavi di lettura con cui si potrebbe trattare di prevenzione. La prevenzione è legata per esempio al concetto di Earth Overshoot day, il giorno in cui ogni anno esauriamo  le risorse che naturalmente si rigenerano sulla nostra terra. E’ quindi importante far comprendere alle persone che per produrre un oggetto vanno consumate risorse naturali che oggi sono molto scarse: energia, acqua, suolo, alberi.

Tutti i processi, anche quelli di riciclo, contemplano consumi di risorse che non sono infinite. Se guardiamo ai trend di crescita della plastica, nei prossimi 60 anni avremo triplicato la sua produzione, ma è ovvio anche a un bambino che gli impianti di riciclo su cui possiamo contare non triplicheranno tra 60 anni.

Ci puoi consigliare un libro e un film che ti sono piaciuti e che vuoi condividere con i nostri lettori?

In tema di sostenibilità sto leggendo un libro bellissimo che si chiama “Ecominimalismo, L’arte perduta dell’essenziale” di Elisa Nicoli.

Consiglio poi un film poco conosciuto “Flow. Per amore dell’acqua”, un documentario molto interessante sull’acqua in bottiglia.

In una recente intervista hai recitato una poesia di Edward Everett che mi ha colpito molto perché dice “Io sono soltanto uno, ma comunque sono uno. Non posso fare tutto, ma comunque posso fare qualcosa e il fatto che non possa fare tutto non mi fermerà dal fare quel poco che posso fare”. 

Come mai hai scelto questa poesia? 

Un giorno ho letto su un pezzo di legno la scritta “Io sono soltanto uno, ma comunque sono uno” e da lì ho scoperto la poesia. Ho pensato “Questo è un segno divino” ed è diventato il mio motto, tanto che ho realizzato un TEDx su questo tema. Il punto è far capire alle persone che anche se uno sembra un numero piccolo, le masse sono fatte da singole persone.

Qualsiasi movimento è fatto da singole persone e solo la scelta dell’individuo di far parte di un gruppo farà la differenza. E’ sempre il singolo che si deve mobilitare, perché è lui che poi farà la differenza.

 

di Marco Camporese