“Nella legge Finanziaria alla sanità viene assegnato quello che resta non quello che serve. 5,8 milioni di italiani non si curano più. Molte Regioni faticano a garantire i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)”.
“ Il Sistema sanitario nazionale si trova alle prese con l’invecchiamento della popolazione, con i prezzi dei farmaci salvavita, con le carenze di personale medico e infermieristico. Insomma, con difficoltà che rappresentano ostacoli al pieno raggiungimento di uno dei traguardi più importanti della vita della Repubblica “. Sono le parole pronunciate dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulla sanità nel nostro Paese. Le opposizioni attaccano il governo perché sei milioni di italiani rinunciano ormai a curarsi per le croniche carenze del Servizio Sanitario Nazionale. Per mercoledi 5 novembre è annunciato uno sciopero dei medici di medicina generale. I soldi previsti nella Legge Finanzia sono pochi. Un quadro allarmante senza via d’uscita ? Ci sono soluzioni praticabili e quali ? Ne abbiamo parato con il Prof. Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe, organizzazione non profit, tra le più autorevoli in Europa, che si occupa di ricerca e formazione sulla sanità.
Presidente Cartabellotta, secondo le proiezioni più recenti, il Fondo Sanitario Nazionale raggiungerà i 145 miliardi di euro di risorse nel 2028. Sembrano tanti soldi. Ma di quanto c’è effettivamente bisogno in Italia per avere una sanità decente ?
I 2,4 miliardi stanziati per il 2026 e i 2,65 miliardi per il 2027 e 2028 rappresentano solo un affannoso tentativo di arginare il sottofinanziamento del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Guardando ai numeri, il Fondo Sanitario Nazionale (FSN) aumenterà da 136,5 miliardi nel 2025 a 143,1 miliardi nel 2026, ma oltre due terzi di questo incremento deriva da risorse già stanziate in precedenza.
Non bastano ?
In rapporto al PIL, il FSN salirà al 6,16% nel 2026, per poi scendere nel 2028 sotto la soglia psicologica del 6%. Siamo all’ennesimo intervento di manutenzione ordinaria, dove alla sanità tocca quello che resta e non quello che serve.
Cosa succederà nelle Regioni che gestiscono i servizi ?
Preoccupa non poco il netto divario tra l’entità del FSN assegnato e le previsioni di spesa che ammonta a 6,8 miliardi di euro nel 2026, 7,6 miliardi nel 2027 e 10,7 miliardi nel 2028. Se i fondi dello Stato non sono sufficienti, le Regioni si trovano costrette a ridurre i servizi o aumentare le tasse per evitare i Piani di Rientro.
Ma le Regioni, secondo Lei, sperperano soldi o no?
Non parlerei di “sperperi”, ma di inappropriatezze e inefficienze organizzative e amministrative. Inoltre, mentre alcune Regioni sono più efficienti, altre faticano a garantire i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Nel 2023 solo 13 Regioni risultano adempienti, e permangono forti squilibri tra Nord e Sud.
Le solite due Italie….
…a questo si aggiunge che nel 2024 oltre 5,8 milioni di persone hanno rinunciato a cure sanitarie, e i cittadini hanno pagato di tasca propria più di 41 miliardi di euro per prestazioni sanitarie private.
Il Governo ha annunciato un piano straordinario di assunzioni di mille medici e 6 mila infermieri. Perché non va bene?
Non è sufficiente. Il piano si scontra con due limiti gravi: il tetto di spesa per il personale sanitario, che non è stato rimosso, e la scarsità di professionisti disponibili. Nel 2023 l’Italia contava 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, contro una media OCSE di 9,5: siamo tra gli ultimi in Europa. A peggiorare lo scenario si aggiunge il crollo dell’attrattività per la professione: per l’anno accademico 2025/2026 il rapporto tra domande presentate e posti disponibili al Corso di Laurea in Infermieristica, è crollato a 0,92.
Li facciamo arrivare dall’estero ?
Si.In queste condizioni, l’unico piano realistico a breve termine sarebbe davvero un reclutamento straordinario dall’estero, mentre a lungo termine serve rendere la professione più attrattiva, con carriere dignitose e stipendi adeguati.
Professore, in un’altra occasione Lei ha detto che le risorse presentate dal governo fino al 2028 sono disperse “in mille rivoli: una scelta che mira a non scontentare nessuno, ma che priva la manovra di una visione strategica”. Può spiegarsi meglio?
Sì, perché la Legge di Bilancio 2026 destina 7,7 miliardi di euro alla sanità nel triennio 2026-2028, ma suddivisi in 28 micro-interventi: dalle assunzioni alle indennità, dalle tariffe per i ricoveri ospedalieri all’acquisto di dispositivi medici, dall’acquisto di prestazioni sanitarie da privati alla farmacia di servizi e così via. È una frammentazione che produce poca efficacia: troppi interventi, tutti troppo piccoli.
Cosa serve, allora ?
Per rilanciare davvero il SSN servono poche scelte politiche chiare: finanziare stabilmente il Fondo Sanitario Nazionale, potenziare il personale, ridurre le diseguaglianze regionali e investire sulla sanità territoriale.
Ecco, la sanità suo territorio. Gli italiani si lamentano che la medicina di base non funziona. Cosa bisogna fare per avere, finalmente, una medicina di prossimità?
Il modello va completamente ripensato e il dibattito non può avvitarsi esclusivamente sul passaggio del medico di medicina generale (MMG) da un rapporto in convenzione a dipendenza con il SSN. Il medico di famiglia non può più lavorare da solo.
Cosa propone ?
Bisogna creare équipe multiprofessionali integrate con infermieri di comunità, all’interno delle Case della Comunità previste dal PNRR. Il problema è che [NdR dati al 30 giugno 2025] solo il 2,7% delle Case della Comunità ha tutti i servizi e il personale attivo; il 12,7% è operativo in modo parziale. La medicina di prossimità funziona solo se queste strutture diventano realmente operative, se vengono stabilizzati gli organici e se i cittadini possono accedervi senza barriere. Altrimenti resterà solo uno slogan sulla carta.
di Nunzio Ingiusto