Spesso, siamo abituati a guardare alle cose in modo superficiale: le prendiamo, le usiamo, le buttiamo; componiamo la materia, e la scomponiamo. Eventualmente ricicliamo o ottimizziamo gli scarti. Più difficile invece – poiché richiede uno sforzo intellettivo diverso – è guardare al dettaglio: alla struttura, alla forma e all’organizzazione della materia stessa. A come gli esseri viventi (e non) sono ordinati, e a come l’ordine possa avere una funzione importante, o addirittura molteplici funzioni. Le diatomee ne sono un esempio eclatante: alghe unicellulari microscopiche, che vivono nei mari e nelle acque dolci, tanto piccole quanto preziose, non solo perché estremamente benefiche al pianeta, ma anche per la struttura innovativa e funzionale con cui sono realizzate. 

Un materiale innovativo al mese, per allargare la prospettiva sul mondo e cercare soluzioni alternative e mirate, con le quali far coesistere essere umano e pianeta Terra in una relazione sana e simbiotica. Per il mese di luglio 2025, MaTech presenta l’innovazione dalle diatomee: uno studio sperimentale che, grazie alla biomimetica – come nel caso dello shellstic – può condurre alla creazione di nuove strutture materiali ispirate alle microalghe marine. Le diatomee sono alla base della vita sulla terra: riciclano dal 20 al 50% di CO2 nell’atmosfera; ma oltre al vantaggio biologico, nascondono anche un’innovazione strutturale, che potrebbe cambiare il modo di organizzare la materia.

Lo studio sperimentale è condotto da un team dell’università di Genova, guidato da Flavia Libonati, in collaborazione con la squadra di Markus Buehler del Massachusetts Institute of Technology di Boston. La ricerca ha svelato come le diatomee possono portare a incredibili innovazioni dal punto di vista dei materiali multifunzionali. Si tratta, grazie alla filosofia e alla tecnica biomimetica, di imitare la struttura del frustolo, ovvero dell’esoscheletro di questi microorganismi. 

Come qualsiasi vegetale, la diatomea, grazie al processo di fotosintesi, permette la nutrizione dell’ecosistema marino e contribuisce alla respirazione del pianeta. Sono addirittura indicatori di salubrità per i corsi d’acqua (dolci e salati).

Dal fronte biologico, si passa a quello tecnologico. Gli ingegneri dell’Università di Genova e del MIT sono partiti dallo studio della complessa struttura dell’esoscheletro della diatomea. Interamente realizzato in silice, l’esoscheletro mostra un’organizzazione multiscala e gerarchica, ovvero ‘a strati’, ognuno dei quali ha geometrie diverse, queste, combinate assieme, offrono un’elevatissima resistenza meccanica e un comportamento fluidodinamico che controlla il flusso delle sostanze nutrienti e di scarto, oltre al trasporto dell’alga stessa. Inoltre, ha una geometria porosa, che contribuisce a realizzare una barriera robusta ma leggerissima contro danni o predatori. Infine, possiede la capacità di filtrare efficacemente i virus e di gestire l’assorbimento della luce, indispensabile per l’autosostentamento dell’organismo. Si dimostra quindi un modello perfetto di materiale multifunzionale. 

Alla luce di queste analisi, la scienza ha proposto diversi modelli biomimetici che offrono elevate prestazioni meccaniche oltre alla possibilità di filtrare, galleggiare o di manipolare la luce; le applicazioni possono spaziare dalla costruzione, ai dispositivi di filtraggio, ai sistemi di accumulo di energia, agli impianti di rigenerazione tissutale, fino ai dispositivi ottici e alla somministrazione di farmaci. 

Nell specifico, lo studio condotto dall’Università di Genova ha realizzato un nuovo concept di casco protettivo e, grazie alla stampa 3D, anche un prototipo progettato e testato per poterne ottimizzare le prestazioni. Un piccolo miracolo della tecnica, che ha già prodotto un risultato tangibile nella redazione di una guida, per la produzione di nuovi materiali ispirati alle diatomee, e pubblicato nella rivista Advanced Functional Materials.

Una risposta “formale”, che guarda, cioè, alla “forma” delle cose, e ricava dalla natura soluzioni tecnologiche per affrontare problemi sostanziali che affliggono l’uomo e il pianeta Terra; un esempio di come l’infinitamente piccolo svela la sua soluzione all’infinitamente grande. 

 

di Damiano Martin

 

 

 

 

fonte:

https://life.unige.it/diatomee-e-ingegneria-dei-materiali 

https://advanced.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/adfm.202407148