Il settore delle Risorse umane è in evoluzione: non solo dal punto di vista digitale – dove l’Intelligenza artificiale la fa da padrone – ma soprattutto dal punto di vista umano. Il problema demografico, unito a un diverso modo di intendere il proprio tempo sul posto di lavoro, stanno portando le aziende a ridefinire impegno lavorativo e modalità di relazione. Abbiamo parlato di HR, di politiche Diversity&Inclusion e del ruolo dell’Associazione Italiana Direzione del Personale con Chiara Bellon e Alvise Nicolazza, rispettivamente direttrice e HR manager del Gruppo Veritas. Il Gruppo Veritas, in questo senso, è un esempio: azienda multiutility di 3600 dipendenti, opera nell’area metropolitana di Venezia e di alcuni comuni limitrofi del trevigiano: qui gestisce i servizi pubblici del territorio, dai rifiuti alla distribuzione delle energie.

Le aziende stanno affrontando un cambiamento epocale nella gestione delle persone. Quali sono le innovazioni più rilevanti che stanno trasformando il settore HR?

“Inizierei con il tema dell’Intelligenza artificiale – spiega Chiara Bellon –  che sta rivoluzionando il modo di lavorare, tramite nuovi modelli di lavoro e di flessibilità, quindi l’approccio integrato alla gestione con la D&I – Diversity and Inclusion, poiché il mercato del lavoro è cambiato. In AIDP se ne parla: le aziende faticano a trovare lavoratori, in ogni settore, dai tecnici, agli, operai, ad autisti e ingegneri. Ciò si spiega sia con il calo demografico, ma anche al diverso approccio al mondo del lavoro. Quindi tutti i cambiamenti che dobbiamo affrontare devono essere nel senso dell’attrazione, alla qualità del lavoro, anche per chi è già assunto”. 

Il percorso nel mondo HR della dottoressa Bellon inizia con una laurea in economia indirizzo matematico-statistico; il suo conseguente approdo nelle risorse umane avviene per caso, come primo impiego in una società di ricerca del personale, e poi in banca. È direttore HR di Veritas dal 2007. Alvise Nicolazza è HR manager, e lavora al fianco di Chiara; è responsabile organizzazione e formazione delle risorse umane, nei rapporti sindacali e nello sviluppo delle carriere e delle competenze dei lavoratori, con un occhio di riguardo alla parte dei dati analitici. Da sempre coinvolto nel mondo HR, lavora in Veritas dal 2013; qui ha conosciuto Chiara, e da allora collaborano a stretto contatto, sia in azienda che nel network regionale e nazionale del AIDP.

Quali saranno, secondo voi, le competenze chiave che i professionisti dovranno sviluppare per affrontare le sfide del futuro del lavoro?

“La prima che mi sovviene è la creatività, che permette di ampliare le possibilità del problem solving, unita all’evoluzione delle competenze digitali, un problema generazionale su cui stiamo lavorando, ma che è obbligatorio sviluppare. Aggiungo, secondo me, la sensibilità economica, la consapevolezza e l’attenzione alle analisi costi benefici (che non tutti hanno). Nel mio staff – continua Chiara Bellon – ho persone che si occupano di tematiche diverse, ma tutte devono avere competenze trasversali, tra cui la sensibilità economica. E poi ci sono le soft skills, ovvero le competenze relazionali, sempre più fondamentali”.
“Faccio una precisazione sulle competenze digitali – sottolinea invece Alvise Nicolazza – laddove è vero che i giovani le hanno, ma sono un po’ distanti da quelle che servono per le aziende. Un conto è gestire un telefono, un altro stare davanti al computer; questo dimostra il distacco tra la scuola, la vita quotidiana e il mondo del lavoro. Inoltre, serve un giusto grado di umiltà, fondamentale per dedicarsi nel conoscere tutti i processi aziendali; gli HR si affiancano a tutte queste dinamiche, per dare un contributo efficiente e mirato alla vita aziendale. Serve tempo e dedizione per conoscere il luogo di lavoro, in ogni suo aspetto”.

Oggi si parla molto di sostenibilità e cultura aziendale. Come possono le risorse umane diventare il motore di un cambiamento sostenibile all’interno delle organizzazioni?

“Se si parla di sostenibilità, come obiettivi Agenda 2030 e ESG, il ruolo dell’HR è essenziale. L’esperienza della mia azienda ha nella sostenibilità il core business, e il dialogo tra i due settori è costante e comune. Per esempio, tutte le politiche D&I fanno parte dell’approccio integrato alla gestione delle persone. La cultura del rispetto e della sostenibilità è fondamentale. E poi c’è il fronte delle certificazioni, che sono fondanti nel misurare la sostenibilità di un’azienda – vedi parità di genere o accesso per persone disabili – un anello di congiunzione tra HR e sostenibilità.
Il governo della sostenibilità che passa per una corretta gestione risorse umane” chiosa la dott.ssa Bellon.

Il ruolo del direttore del personale si è evoluto da funzione amministrativa a partner strategico del business. Quali saranno i prossimi sviluppi di questa evoluzione?

“Con il Covid è cambiato tutto: il responsabile del personale in azienda è diventato il consulente principale dei vari amministratori. Il network AIDP ci ha consentito di non sentirci soli, c’è stato un network fantastico e reciproco. Il ruolo dell’HR manager era prettamente amministrativo; ora l’approccio è verso la cura delle persone, e tutto ruota intorno a questo. Le relazioni sindacali hanno un ruolo fondamentale, in termini di partecipazione, di relazione, e di attenzione. Il valore del ruolo HR è fondamentale, e posizionare le persone con le giuste competenze è diventato fondamentale. In AIDP stiamo puntando molto sul suo ruolo e sulle sue competenze”.
“Approccio data driven per le risorse umane – continua il dottor Nicolazza – è fondamentale; non più ‘sentimentale’, ma guidato dai dati. Alcuni parametri sono quantitativi, ma l’importanza della soft skills ha superato per importanza la competenza tecnica. La sfida è di tradurle in numeri e dati, con una loro organizzazione, per dare un valore nella valutazione delle persone”

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Quanto è importante per un HR leader far parte di un network come AIDP e quali sono le opportunità di formazione e scambio che l’associazione offre?

Risponde Chiara Bellon: “ Io sono parte del direttivo regionale di AIDP e del direttivo nazionale. Il network nazionale funziona per gruppi regionali: noi siamo parte dell’area Triveneto. Si lavora per gruppi tematici regionali e per aree di lavoro nazionale. Io, per esempio, coordino il gruppo regionale inclusion e sono referente nazionale del team gender; Alvise coordina il gruppo generale futuro del lavoro, in termini di innovazione. Il nostro approccio in AIDP è in primis inclusivo: è il network di professionisti HR dove il confronto è sempre istruttivo; condividiamo best practice e di ricerca del personale, data la situazione del mercato del lavoro, facendo rete con altre regioni, e organizziamo momenti formativi e di confronto. Abbiamo il nostro congresso annuale, quest’anno a Milano e l’anno prossimo a Padova (12-13 giugno 2026). C’è anche il gruppo giovani, under 35, che coniuga attività e crescita personale. Utilizziamo una serie di social tra di noi dove, ci confrontiamo molto, a volte organizzando videochiamate veloci, dove si condividono esperienze di lavoro, a prescindere da quanto grande è l’azienda”.

L’intelligenza artificiale e l’automazione stanno ridefinendo i processi HR. Qual è il ruolo di AIDP nel supportare i direttori del personale a gestire questa transizione?

“Per parlare di IA bisogna innanzitutto conoscerne l’impatto: per il 90% ci si focalizza sui leader del settore, le IA generative come ChatGPT, Gemini, ma sono solo una piccola fetta rispetto alle funzioni e alle potenzialità. In primis, serve fare formazione su portata e natura delle IA, e poi sulle ricadute del loro utilizzo, e quali sono i bias cognitivi delle persone causati dal loro uso non consapevole. Quando le affidiamo dei compiti, per esempio, bisogna capire quale sia il ritorno. Infine, la formazione su come usarla: c’è chi la usa come motore di ricerca, altri come lettore riassuntivo di documenti. La compressione di documenti voluminosi è fantastica, così come la sua produttività, ma se non sappiamo valutare la conoscenza, rischiamo di commettere errori dettati dall’ignoranza, nostra e dell’Intelligenza. Occorre inserire dei correttivi, che provengono dalla conoscenza dello strumento, governati dalla conoscenza umana. C’è poi la marea di IA che lavora sull’automazione dei processi; qui, un HR deve saper conoscere e suggerire lo strumento migliore ai settori produttivi; ritorniamo alla conoscenza dell’azienda stessa, per poter dare i suggerimenti più consoni. La IA può creare professionalità all’interno del mondo HR: non vi sarà una “perdita dei lavori” e basta, ma un’equazione a risultante zero” chiosa Alvise Nicolazza.

Quali sono le principali iniziative che AIDP ha in programma per il futuro e quali obiettivi si pone nei prossimi anni?

“Si punta sempre a potenziare il network – riprende la dottoressa Bellon – ad attrarre sempre di più HR nella rete. Poi, oltre a AIDP, c’è la Fondazione, che si impegna su due fronti in particolare: il programma Recidiva 0, che guarda al reinserimento delle persone in detenzione; qui in Veneto abbiamo il progetto pilota con il carcere di Venezia; l’altro è con UNHCR, volto all’inserimento di rifugiati nel mondo del lavoro. Due iniziative che vanno di pari passo con la situazione del mercato del lavoro: non solo allargare la rete di professionisti, ma la loro creazione e integrazione”.
“La condivisione di azioni tra le aziende è il motore e il pane per alimentare lo sviluppo delle funzioni HR – aggiunge Alvise – e AIDP può diventare un’azienda trasversale tra le aziende, permeandole. C’è il bisogno di uscire da una settorialità, per farsi ispirare soluzioni dall’esterno, che altrimenti non sarebbero contemplate”.

Quale consiglio dareste a un giovane professionista che vuole intraprendere una carriera nelle risorse umane, oggi?

“Studiare, studiare, studiare molto, perché non ci si improvvisa, e sviluppare le soft skills, la capacità di ascolto e di relazione, di una buona capacità di mediazione. E poi, le abilità di analisi e problem solving. Il nostro lavoro è fatto sia di progettazione che di risoluzione, serve velocità nel risolvere problemi. È importante poi conoscere l’azienda – si consiglia di curare molto l’onboarding aziendale – nei suoi settori produttivi e in ogni singolo dipendente. L’HR deve mettersi, anche nel caso dello specialist, a conoscere le aziende in cui lavora. Un’ultima considerazione: siamo molto focalizzati nel portare le aziende a misura delle nuove generazioni. Forse, però, non è la soluzione: sarebbe il caso che anche i giovani si mettessero in ascolto di chi ha più esperienza; il reverse mentoring diventa fondamentale per lo sviluppo. E in generale, ritornare a una educazione alla fatica. I nuovi strumenti digitali aiutano molto, ma non devono diventare un pretesto per non faticare”.

 

di Damiano Martin