La Ue deve lavorare urgentemente sulla prontezza delle proprie forze armate e industria della difesa per dissuadere un attacco russo, e assicurare così sicurezza e stabilità del continente europeo
Il tragico, terzo anniversario della seconda invasione russa dell’Ucraina iniziata il 24 febbraio 2022 vede l’inizio di trattative diplomatiche tra Russia e Stati Uniti sulla possibile fine del conflitto. Tre anni di guerra di attrito, su larga scala e ad alta intensità in Europa, con oltre un milione di militari morti o feriti, presenta almeno quattro lezioni politico-militari per i Paesi europei, l’UE e la NATO, da tenere ben presenti in questa fase negoziale sul futuro non solo dell’Ucraina ma della sicurezza del Vecchio Continente.
La Russia regge i sacrifici enormi di una guerra di invasione…
La prima lezione è che il regime russo è in grado di reggere per tre anni il costo politico, militare ed economico, di una guerra di invasione oltre i confini nazionali e non provocata in alcun modo. Oltre mezzo milione di soldati russi morti o feriti in territorio ucraino, quasi un altro milione di cittadini scappato all’estero per evitare la leva, le ingenti perdite militari – dalla flotta nel Mar Nero alle centinaia di carri armati distrutti – inflazione e scompensi economici causati dalle sanzioni occidentali, non hanno indebolito in modo significativo la leadership di Putin. Certo c’è stato un tentativo di ammutinamento da parte della compagnia di mercenari Wagner nel 2023, ma i ribelli sono stati eliminati senza troppe scosse per il Cremlino.
Nel terzo decennio del XXI secolo la Russia è disposta a sacrifici enormi per il metro di misura occidentale, per tre anni consecutivi, pur di occupare poche centinaia di kilometri quadrati in un Paese confinante. Ed è questo che preoccupa fortemente mezza Europa, dalla Scandinavia al Baltico, dal Regno Unito alla Polonia, ai vertici UE e NATO. Specie considerando che le Repubbliche Baltiche sono state già occupate per mezzo secolo dall’Unione Sovietica e che l’obiettivo di lungo periodo della leadership russa è smontare un blocco euro-atlantico considerato avverso.
…e l’Ucraina quelli ancora maggiori per salvare l’80% del proprio Paese
La seconda lezione è che le forze armate russe possono essere fermate, ad un prezzo molto elevato. E’ bene ricordare che il 22 febbraio di tre anni fa circa 200.000 unità russe invadevano l’Ucraina da nord, est e sud per occupare Kyiv, Kharkhiv e Kherson, ovvero per decapitare lo stato ucraino e prendere il controllo del 100% del territorio del Paese. La Russia già ne occupava circa l’8% dal 2014, quando con la sua prima invasione annetté la Crimea e prese il controllo del Donbass. Nel 2022 Mosca si aspettava una vittoria militare in poche settimane, così come molti osservatori in Italia illusi o in malafede, ma si sbagliava.
Le forze russe sono state respinte da Kyiv, Kharkiv e Kherson, e nonostante offensive e controffensive la linea del fronte si è assestata in modo tale che la Russia oggi controlli poco più di un quinto del territorio ucraino. La drammatica, eroica resistenza ucraina è servita a salvare quasi l’80% del proprio Paese dall’occupazione straniera, dalle distruzioni, deportazioni e violenze di massa che ne sono seguite. Per ottenere questo risultato, la democrazia ucraina ha scelto di combattere, e di sostenere perdite sia militari comparabili a quelle russe, sia civili dovute ai bombardamenti indiscriminati russi sui quartieri delle città ucraine, ad un livello impressionante per il metro occidentale.
La lezione tratta dalla NATO in questi tre anni è quella di prepararsi con urgenza e per il lungo periodo a dissuadere la Russia da un attacco a un Paese membro, e nel caso la deterrenza fallisse a fermarlo sul confine e a respingerlo combattendo – ovviamente in modo diverso da quanto fatto dall’Ucraina viste le grandi differenze qualitative e quantitative tra le forze armate di Kyiv e quelle dei 32 Paesi dell’Alleanza atlantica. Per questo nel 2014, dopo la prima invasione russa dell’Ucraina, gli stati membri della NATO si posero l’obiettivo di arrivare in dieci anni al 2% del PIL investito nelle rispettive forze armate, e per questo nel 2024 ben 23 stati europei – compresi tutti i grandi tranne Italia e Spagna – hanno superato questa soglia.
La prontezza delle forze armate e dell’industria della difesa europee…
La terza lezione è che in un conflitto così vasto, prolungato e complesso, il vantaggio relativo dato da una singola tecnologia o sistema d’arma, che siano i droni o i missili ipersonici, incide in una certa misura sull’equilibrio delle forze in campo ma di per sé non cambia le sorti dalla guerra. Anche manovre ben condotte come quelle ucraine per liberare l’area di Kharkiv e la città di Kherson nel 2022, o per occupare parte della provincia russa di Kursk nel 2024, hanno certamente aiutato l’Ucraina ma non hanno da sole risolto il conflitto. L’insieme delle qualità e quantità delle forze armate, in tutti i loro aspetti e nei cinque domini operativi – terrestre, navale, aereo, cibernetico e spaziale – va a pesare in un conflitto convenzionale del genere, fermo restando la non escalation al livello nucleare. Così come pesa la capacità industriale di rifornire le proprie forze armate di mezzi, sistemi d’arma e munizionamento ben aldilà degli stock disponibili all’inizio della guerra e ben oltre i suoi primi mesi.
La lezione che l’Europa cerca di trarre da tutto ciò riguarda sia la prontezza delle forze armate, e in una certa misura delle società europee come sottolineato dal rapporto UE dell’ex premier finlandese Niniisto, sia quella dell’industria della difesa a reggere una guerra su larga scala e prolungata. Da qui nascono le iniziative UE di politica industriale degli scorsi anni, compresa la European Defence Industrial Strategy del 2024 e il relativo programma di investimento attualmente in fase di negoziazione a Bruxelles.
..e l’importanza e affidabilità del supporto americano
La quarta lezione riguarda il sostegno militare statunitense a Kyiv. Nelle scorse settimane sono iniziati i negoziati di pace non perché le forze russe o ucraine abbiano vinto sul campo di battaglia, ma perché l’amministrazione Trump ha purtroppo deciso di abbandonare l’Ucraina alla Russia – come in parte prevedibile già lo scorso autunno. Kyiv ha potuto difendersi per tre anni dall’invasione russa anche grazie agli equipaggiamenti militari forniti dagli alleati occidentali per un valore complessivo di circa 118 miliardi di dollari, di cui la metà dagli Stati Uniti, e al relativo sostegno quanto a logistica, addestramento e intelligence.
Nel momento in cui la presidenza Trump interrompe drasticamente questo supporto per forzare l’Ucraina ad accettare una pace favorevole alla Russia, a partire dalla rinuncia ai propri territori occupati da Mosca, o l’Europa fa un salto di qualità nel sostenere Kyiv, in termini di aiuti militari e/o di forze armate dispiegate sul territorio ucraino, oppure il Paese invaso non può che accettare i termini concordati tra gli Stati Uniti e il Paese invasore.
Nonostante i tentativi di coordinamento in ambito NATO e UE, così come in gruppi ristretti ad hoc riunitisi nei mesi scorsi a Parigi, Berlino e Varsavia, l’Europa non sembra in grado di incidere su negoziati condotti bilateralmente da Stati Uniti e Russia a spese dell’Ucraina. Aldilà delle schermaglie tattiche, la svolta e l’accelerazione date dall’amministrazione Trump in appena un mese dall’insediamento alla Casa Bianca è evidente, impressionante, e merita una riflessione a parte per l’Europa.
Gli Stati Uniti possono disimpegnarsi dall’Ucraina con un impatto limitato e indiretto, ma comunque significativo, sui propri interessi nazionali, a partire dal messaggio che si lancia alla Cina su quanto a lungo durerebbe il sostegno militare americano a Taiwan nel caso Pechino attuasse i suoi propositi di riprenderne il controllo con la forza. Ma per l’Europa l’impatto di una pace favorevole alla Russia scaturita dal disimpegno americano, dopo tre anni di conflitto, ha effetti molto diretti, ampi e duraturi, su cui riflettere.
Specie considerando le altre lezioni della guerra dei tre anni in Ucraina: che la Russia di Putin è oggi pronta a sacrifici enormi e prolungati per invadere un Paese confinante, che le forze armate russe possono essere fermate ma ad un prezzo molto elevato, e che l’Europa deve lavorare urgentemente sulla prontezza delle proprie forze armate e industria della difesa per dissuadere un attacco russo, e assicurare così sicurezza e stabilità del continente europeo.
di Alessandro Marrone | Istituto Affari Internazionali